L’Enel e il carbone colombiano macchiato di sangue
Enel e Colombia
Un miscuglio più intrigato e meschino di così è difficile da ottenere: carbone, violazione dei diritti umani, massacri, militari e concessioni estere. In sole due parole, Enel e Colombia. Ma di cosa stiamo parlando? Nelle sue centrali elettriche, in Italia, l’Enel utilizza massicce quantità di carbone che vengono importate dalla Colombia. In particolare, quasi la metà della produzione di carbone colombiana viene estratto nelle miniere della regione del Cesar, nel nord-ovest dello stato sudamericano. Ed è qui, intorno a queste miniere, che si compiono degli orrendi crimini portati avanti da unità paramilitari protette e spinte dagli interessi economici delle multinazionali del settore estrattivo. In mezzo a tutto questo, l’Enel, e quindi, in qualche modo, anche noi.
Cesar: carbone, massacri, abusi sessuali e desaparecidos
Le miniere del Cesar sono state privatizzate circa trent’anni fa e date in concessione alle compagnia statunitense Drummond e alla anglo-svizzera Prodeco: entrambe queste società, in passato, sono state apertamente accusate di essere complici di violenze e di violazioni dei diritti umani. Le due compagnie estraggono il carbone colombiano per poi esportarlo in occidente, rifornendo così società come Enel. Fin qui, a parte il fatto che si sta parlando dell’inquinantissimo carbone, tutto bene. Se non fosse che, come viene affermato dalla Fondazione Banca Etica e dall’associazione Re:Common, il lavoro nelle miniere colombiane è avvolto in un vero e proprio clima di terrore: le compagnie in questione, infatti, avrebbero al soldo delle unità paramilitari impegnate nell’impedire ogni tipo di attività sindacale. Nel dossier ‘Profondo Nero. Il Viaggio del carbone dalla Colombia all’Italia‘, Re:Common parla di «una serie interminabile di massacri, torture, abusi sessuali e desaparecidos».
La risposta di Starace
Di fronte a questa violenza istituzionalizzata, però, l’Europa tace, e continua ad importare il carbone colombiano come se niente fosse, finanziando di fatto questo sistema del terrore. E l’Enel ha fatto altrettanto: per questo motivo Re:Common e Fondazione Culturale di Banca Etica hanno scelto la strada dell’azionariato critico: di fatto entrambe hanno deciso di acquistare delle azioni Enel per potersi rivolgere direttamente ai vertici dell’azienda. Posto di fronte alle domande pressanti dei due ‘azionisti critici’, a Francesco Starace, amministratore delegato di Enel, non è restato che affermare «andremo a vedere di persona cosa succede in Colombia, e se non ci piace usciremo».
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