La Dichiarazione di Chaillot, 70 Stati per un’edilizia più sostenibile
L’hanno chiamata Dichiarazione di Chaillot, in francese Declaration de Chaillot: il nome è quello del palazzo parigino in cui l’accordo è stato firmato. Non si tratta certo della prima volta che quel grandioso palais si trova a essere teatro di stipule dal grande valore internazionale. Si pensi che questo stesso palazzo, dirimpettaio della Torre Eiffel, è stato anche il luogo in cui è stata adottata la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. In effetti in questi giorni non se n’è parlato tanto, eppure la Dichiarazione di Chaillot è stata presentata come il più importante accordo internazionale mai raggiunto in tema di edilizia sostenibile.
L’accordo durante il World Buildings and Climate Forum
La Dichiarazione di Chaillot è stato il culmine del World Buildings and Climate Forum, organizzato dal Programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep) e qui alla sua primissima edizione. Il Forum è il naturale sviluppo del Buildings Breakthrough, sostenuto da 28 governi, dalla Commissione europea nonché da 19 agenzie internazionali, in occasione della Cop28 di Dubai. Insomma, alla Dichiarazione di Chaillot non si è giunti all’improvviso. E non è nemmeno un caso che la sede scelta per giungere a questo accordo sia stata proprio la capitale francese: proprio qui, nel 2015, si era infatti svolto il primo “buildings day”, in occasione della Cop21. Insomma, quello per arrivare alla Dichiarazione di Chaillot per un’edilizia più green è stato un viaggio di (almeno) 9 anni. Cosa si dice nel concreto in questo accordo?
L’impatto dell’edilizia
Sul fatto che ci sia bisogno di ripensare il modo di guardare all’edilizia, non ci sono davvero dubbi. Il settore è infatti responsabile del 21% delle emissioni di gas a effetto serra a livello mondiale. Guardando alle sole emissioni di anidride carbonica, l’edilizia è responsabile di ben il 37%. E ancora: da solo il settore assorbe circa la metà delle materie prime a disposizione. Non si parla poi delle montagne di rifiuti edili prodotti ogni anno dai processi di demolizione e di ristrutturazione: si stima siano circa 100 miliardi di tonnellate, un terzo circa dei quali se ne va dritto in discarica.
La Dichiarazione di Chaillot
A Parigi, in occasione del World Buildings and Climate Forum, si sono riuniti i rappresentanti di ben 70 Stati diversi (è stata fatta notare l’assenza della Cina). Al Forum hanno partecipato ministri, diplomatici, esponenti della finanza, ma anche architetti, ingegneri, costruttori, progettisti e produttori di materiali per l’edilizia. Circa 1.400 persone in tutto. Nel documento finale della Dichiarazione di Chaillot si sottolinea come gli edifici siano sempre più esposti ai rischi degli eventi meteorologi estremi, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo e nelle città. Città in cui, nel 2050, vivrà il 68% della popolazione mondiale. Nell’accordo viene sottolineata la proporzione ancora inadeguata delle costruzioni e delle ristrutturazioni sostenibili, puntando il dito contro il vistoso gap tra l’impatto del settore e gli obiettivi posti dagli Accordi di Parigi, a partire dal limite di 1,5 gradi per il riscaldamento globale. E ancora, nel documento si denunciano i continui investimenti nella costruzione di edifici ad alto impatto, con alti livelli di emissioni e con un insostenibile spreco delle risorse a disposizione. I ministri si sono quindi impegnati nell’implementazione di roadmaps e di framework per la regolamentazione, nell’adottare quanto prima standard e certificazioni per l’edilizia green, nonché nel dare il buon esempio con l’edilizia pubblica. Questo in uno scenario mondiale in cui si è effettivamente ancora molto lontani da dei regolamenti comuni per la sostenibilità delle costruzioni: si pensi che nel 2021 solamente 79 paesi su 196 avevano un codice energetico, e solo nel 26% dei casi era necessario rispettare degli standard obbligatori per l’edilizia.
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