Design sostenibile, i grandi architetti non ci credono abbastanza
A fronte delle prospettive allarmanti provocate dall’impatto ambientale delle attività umane a livello globale, la sostenibilità è diventata uno degli elementi cardini del XXI secolo ed è chiamata a giocare un ruolo fondamentale in tutti i settori, dalla politica alla gestione dei rifiuti.
Anche in architettura non si fa che parlare di efficienza energetica, materiali naturali e pratiche green, insomma di sostenibilità, ma questa attenzione è reale o riguarda una minima parte dei progetti? A instillare il dubbio è Lance Hosey, scrittore e architetto della Perkins Eastman dopo anni di lavoro presso la William McDonough + Partners, una società della Virginia nota per il suo impegno nel design sostenibile, che in un recente articolo pubblicato sul portale dell’associazione no profit Commonedge, impegnata nella promozione di una visione di architettura vicina alle esigenze della popolazione, ha denunciato la carenza di obiettivi green nella maggior parte delle opere architettoniche degli ultimi anni.
Lance Hosey, l’architetto anti-sistema (e pro design sostenibile)
Non è una novità che Hosey si scagli contro il ‘sistema’ e che si batta in prima linea per il rispetto di principi sostenibili nella progettazione. È diventato ormai una firma nota nella denuncia di un elitarismo architettonico dove è evidente uno scollamento fra le manie di grandezza delle cosiddette archistar e i reali bisogni delle persone.
La sostenibilità è diventata mainstream? Solo a parole
Ma cosa c’entra tutto questo con la sostenibilità? C’entra, eccome. La denuncia di Hosey è chiaramente riferita alla situazione statunitense ma può essere letta come un’interpretazione generale dello stato dell’arte della progettazione.
Alcuni anni fa, precisamente nel 2012, l’American Institute of Architects, ha scelto di rimuovere la sostenibilità nei percorsi di formazione continua dei soci perché, questa la motivazione, “le pratiche di design sostenibile sono ormai diventate ‘obbligatorie’ nella progettazione tradizionale.” Insomma se la bioedilizia diventa mainstream non ha più bisogno di essere promossa e incentivata. Ma si può realmente dire che sia diventata mainstream?
Gli edifici a basso impatto ambientale sono ancora pochi
In base ai dati dello stesso AIA a distanza di due anni dall’eliminazione dell’obbligo, solo il 12% degli studi di architettura si sono posti reali obiettivi di efficienza energetica, e il totale della superficie certificata Leed rappresentava solo circa l’1% del patrimonio edilizio totale.
Un decennio fa, l’AIA ha scelto anche di adottare la 2030 Challenge, un programma per la realizzazione esclusiva, alla data prefissata, di progetti carbon neutral. Per raggiungere questo obiettivo ambizioso, nel quadriennio 2010-2014 si sarebbe dovuto raggiungere la quota del 60% di edifici a emissioni zero. Un traguardo raggiunto? Nient’affatto. L’anno più virtuoso è stato il 2012, quando si è arrivati a un 37% di progetti architettonici carbon neutral, 22 punti al di sotto dell’obiettivo e poi è stato un decrescendo. L’anno successivo all’eliminazione dell’obbligo della sostenibilità nella progettazione da parte dell’AIA, il rendimento energetico degli edifici è sceso di tre punti.
2030 Challenge, gran parte degli architetti non vi ha aderito
L’AIA conta oltre 80mila soci per quasi 18mila aziende e sono soltanto circa 360 ad aver sottoscritto la 2030 Challenge e poco più di un terzo di questi (circa 140) hanno fornito i dati energetici aggiornati. In altre parole, soltanto il 2% delle aziende associate AIA hanno scelto di perseguire obiettivi di efficienza energetica e meno dell’1% ne ha comunicato i progressi.
Gli architetti non credono nella sostenibilità…
Da cosa dipende questo scarso interesse nei confronti dell’impatto ambientale del costruito? Hosey cita un sondaggio del 2009 secondo il quale un terzo degli architetti è scettico sul tema del cambiamento climatico e il 13% lo ritiene addirittura una ‘leggenda’. E tutti gli altri cosa stanno facendo? Perché non hanno sottoscritto l’impegno di costruire a emissioni zero?
…e se ci credono la ritengono costosa
A pesare è la mancanza di conoscenza e di informazioni corrette, secondo lo scrittore. Una delle critiche più importanti al design sostenibile è il costo, ritenuto eccessivamente elevato. Eppure, è una credenza infondata. Il National Renewable Energy Laboratory ha calcolato che l’adozione di pratiche green può portare a una riduzione dei consumi energetici del 50-60% senza alcun costo aggiuntivo. Come possono convincersene gli architetti se l’AIA per prima non ci crede?
Le archistar vedono l’architettura come un’arte
E se soprattutto non ci credono i grandi architetti. La maggior parte degli architetti più famosi al mondo non vedono una connessione fra la sostenibilità ambientale e la progettazione architettonica. “Il green e la sostenibilità non hanno nulla a che fare con l’architettura- aveva dichiarato Peter Eisenman e il Pritzker Prize Frank Gehry una volta aveva definito gli standard del green building ‘fasulli’, ritenendo ad ogni modo che il design sostenibile debba essere al centro dell’interesse degli architetti. Parole, secondo Hosey Lance, perché il lavoro di Gehry non ha nulla a che vedere con la sostenibilità ambientale.
Walt Disney Concert Hall, Frank Gehry
Se non credono nella sostenibilità, in cosa credono i grandi architetti? Si domanda Hosey Lance. Credono nella vocazione artistica. Vedono l’architettura come l’espressione artistica più astratta di tutte, come aveva ribadito Santiago Calatrava in un’intervista rilasciata lo scorso anno. E se gli architetti si sento artisti, come possiamo pensare e sperare che siano in grado di realizzare opere che rispondano alle esigenze della gente comune. Perché l’architettura dovrebbe fare questo: offrire soluzioni a chi ne ha bisogno.
Coniugare arte e sostenibilità è possibile
Questo non vuol dire necessariamente rinunciare all’ispirazione personale e al valore estetico ma significa saperlo coniugare anche in un’ottica di ottimizzazione degli elementi per rispondere a determinati obiettivi. Coniugare arte, innovazione e conoscenza scientifica e tecnologica al fine di perseguire alcuni traguardi, come quello della sostenibilità, è possibile. Una dimostrazione, secondo Hosey, è la KfW Westarkade di Francoforte progettata dallo studio Sauerbruch Hutton. E’ una torre avveniristica dal profilo alare che consente di minimizzare l’esposizione solare a sud-ovest e di far convogliare aria e vento attraverso la superficie per favorire la ventilazione passiva.
Il risultato è uno degli edifici più eleganti ed efficienti d’Europa: consuma il 70% di energia in meno rispetto a un edificio standard. E questo senza rinunciare alla bellezza. Soltanto quando gli architetti si convinceranno del fatto che è possibile pensare alla sostenibilità ambientale senza rinunciare al fascino delle forme architettoniche allora forse, conclude Lance, potrà cambiare davvero qualcosa.
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