Deposito nucleare italiano: si cercano volontari
Nel decreto energia che il governo approverà a breve per riformare il mercato domestico di luce gas verranno infilate diverse norme collaterali, tra le quali una relativa alla definizione del futuro deposito nucleare italiano. Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase) Gilberto Pichetto Fratin ha infatti ribadito quanto già anticipato nei mesi scorsi: verranno accettati dei volontari per individuare il luogo in cui costruire il deposito nucleare italiano. Questo significa di fatto che dei comuni potranno farsi avanti e avanzare la propria candidatura, che sarà così messa al fianco dei 67 siti già individuati da Sogin per ospitare 78 mila metri cubi di rifiuti radioattivi a bassa e molto bassa attività. L’iniziativa mira a portare finalmente la procedura al suo termine, per costruire il non più posticipabile deposito nazionale di rifiuti radioattivi: partendo però dai presupposti noti, non è detto che questa norma faciliterà significativamente le cose.
Dove siamo rimasti con il deposito nazionale di rifiuti radioattivi
Prima di spiegare come funzionerà la norma prevista da Fratin per l’autocandidatura per il deposito nucleare italiano, vediamo un veloce recap della faccenda nella sua interezza. Dopo una lunghissima attesa Sogin, ovvero la società pubblica di gestione del nucleare, ha reso pubblica a inizio del 2021 una lunga lista di luoghi in cui risulta possibile la costruzione del deposito nucleare italiano. Che questa non sarebbe stata la soluzione definitiva già si sospettava: basti pensare al fatto che la lista della Sogin era pronta in realtà già dal 2018. La lista in questione è stata pubblicata insieme a una mappa colorata del territorio nazionale, a indicare con le varie tonalità i diversi livelli di idoneità a ospitare un deposito di rifiuti radioattivi. Nella lista non viene definito il luogo preciso di costruzione della struttura, indicando solo “vagamente” l’area: in ogni caso, le zone indicate sono in tutto 67. Ma dalla mappa si capisce anche che i luoghi in cui le condizioni tecniche si mostrano particolarmente favorevoli sono in realtà 12, e si dividono tra Piemonte e Lazio (2 si trovano in provincia di Torino e 5 in provincia di Alessandria, altre 5 in provincia di Viterbo). Altri luoghi con ottime condizioni sono stati indicati nel senese, nella provincia di Grosseto, nei pressi di Matera e di Taranto. Non fosse che, nelle settimane successive alla pubblicazione della lista, dai “candidati” si è levato un fragoroso coro di no, con gli enti locali che si sono appellati a fattori legati alla presenza di colture agricole di pregio, alla presenza di falde acquifere, alla storicità dei monumenti presenti, e via dicendo. Nulla, quindi, è ancora stato fatto.
Cercasi volontari per il deposito nucleare italiano: la volontà però non basta
Il deposito nucleare italiano – che costerà 900 milioni di euro e la cui costruzione, coinvolgendo 4.000 operai, durerà almeno 4 anni – dovrà essere costituito da ben 90 strutture in cemento armato, per avere quindi delle celle capaci di contenere i rifiuti radioattivi e sigillarli per i prossimi 300 anni (periodo dopo il quale la radioattività dovrebbe essere scemata). Affinché tutto questo possa essere considerato sicuro, sono per l’appunto necessarie delle condizioni territoriali particolari, a partire dal basso rischio sismico e dalla distanza dalle coste: ecco quindi che la semplice candidatura come volontari, così come sarà resa possibile dal prossimo decreto energia, non sarà sufficiente. La candidatura dovrà infatti essere valutata e sottoposta a un’analisi ambientale strategica, la quale potrebbe richiedere anni. Purtroppo però non sembra esserci ancora molto tempo per decidere dove costruire il deposito nazionale italiano per i rifiuti radioattivi.
I rifiuti nucleari in arrivo dalla Francia
Per ora, l’apertura del deposito nucleare italiano è programmata per il 2030, data non impossibile ma a questo punto tutt’altro che certa (soprattutto pensando che i termini decisi in origine erano decisamente più stretti). Il problema, però, è che ce ne sarebbe necessità prima, praticamente subito. Un po’ per dare un rifugio sicuro ai rifiuti radioattivi già presenti, un po’ perché ne 2025 la Francia farà rientrare in Italia 235 tonnellate di rifiuti atomici ad alta e media intensità di origine italiana, che erano stati stoccati all’estero proprio in attesa di costruire il deposito.
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