Continua la distruzione dell’Amazzonia: nuova diga di 8 chilometri
40 nuove dighe
L’agricoltura industriale, lo sfruttamento minerario, la deforestazione a stampo mafioso e la realizzazione di mega progetti insostenibili hanno già derubato l’Amazzonia di oltre 750 mila chilometri quadrati di foresta. Dei veri e propri crimini contro l’ambiente, ma anche contro l’umanità: la biodiversità della regione amazzonica è in serio pericolo, il clima ne risente pesantemente e le popolazioni indigene si vedono strappare terra e tradizioni da sotto i piedi. Ora una nuova minaccia, figlia dello sfruttamento economico incontrollato del Brasile, si sta profilando sul fiume Tapajós, un affluente del Rio delle Amazzoni lungo 800 chilometri e rimasto fino ad oggi miracolosamente estraneo alla manipolazione umana. Neanche a dirlo, Greenpeace ha svelato un mega progetto che vorrebbe la costruzione di una gigantesca diga su questo fiume, all’interno di un più ampio disegno di oltre 40 nuove dighe nel cuore dell’Amazzonia.
La diga sul Tapajós
São Luiz do Tapajós: questo il nome scelto per la ciclopica diga da costruire sul fiume Tapajos. Un mostro di cemento alto 53 metri e lungo 7,6 chilometri. Una mazzata incredibile per l’ambiente, ma anche per gli indigeni che vivono lungo il Tapajos: sarebbero infatti 14.500 le persone la cui vita verrebbe sconvolta dalla costruzione della diga. Come ha spiegato Greenpeace nel rapporto ‘Amazzonia sbarrata‘, progetti faraonici come questo implicano l’allagamento di estese aree forestali. Ciò porta inevitabilmente al degrado di un’enorme mole di sostanze organiche, il quale provoca un notevole rilascio di metano, un gas serra potenzialmente più dannoso dell’anidride carbonica.
Dannosa e inutile
Oltre ad essere un abominio sul piano ambientale, il progetto della diga São Luiz do Tapajós secondo Greenpeace non trova molto senso nemmeno al livello puramente economico: a causa dei cambiamenti climatici, infatti, la portata dei fiumi amazzonici è destinata a forti riduzioni, le quali ovviamente incideranno negativamente sulla reale capacità produttiva delle centrali idroelettriche progettate. In più, queste nuove strutture sarebbero in buona parte inutili, poiché, come sottolinea Greenpeace, il 40% della capacità proposta sarebbe del tutto superflua se il governo brasiliano optasse finalmente per l’efficienza energetica.
Il passo indietro di Enel
La costruzione della diga andrebbe ad allagare i villaggi e i luoghi sacri della popolazione dei Munduruku: per questo motivo l’Istituto Brasiliano delle Risorse Naturali Rinnovabili e Ambientali ha sospeso il progetto. Non è però una vittoria: la stessa cosa era già successa per la diga amazzonica di Belo Monte, anch’essa a suo tempo sospesa, per poi essere realizzata come se nulla fosse, grazie alla corruzione dilagante delle istituzioni brasiliane. L’unica piccola consolazione, per noi italiani, è quella di sapere che Enel ha comunicato ufficialmente di non voler prendere parte al consorzio che realizzerà il progetto, non essendo interessata ad investire nella regione del Tapajós.
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