Chi è il contadino bio?
PIÙ COLTO E PIÙ RICCO. Giovane, innovativo, ricco, scolarizzato e informatizzato: è questo il profilo dell’agricoltore biologico italiano. A stilarne l’identikit è il rapporto curato da Sinab, Inea, Mipaaf e Ismea per conto dell’Associazione italiana per l’agricoltura biologica (Aiab), che l’ha presentato il 12 ottobre ai Fori Imperiali di Roma in occasione della prima Biodomenica. E quello che ne esce è un quadro di tutto rispetto per il settore biologico dell’agricoltura: le aziende di queste tipo hanno infatti una possibilità di sviluppo maggiore rispetto alle imprese tradizionali.
PIÙ POSTI DI LAVORO. Insomma, con il biologico si guadagna di più, e si creano più posti di lavoro. Premesso che sul totale delle 1.620.844 aziende agricole e zootecniche italiane, ben il 99% ricorre a manodopera famigliare, il rapporto Aiab dimostra come il biologico sia il settore più remunerativo: il reddito per unità lavorativa familiare è di 51.478 euro, di contro ai 34.294 calcolati nelle aziende agricole convenzionali. Non solo: l’agricoltura biologica crea più posti di lavoro, poiché, come ha affermato il presidente di Aiab Vincenzo Vizioli, «c’è più bisogno di manodopera umana». Per spiegare questo dato interessante, Vizioli ha fatto l’esempio delle erbe infestanti: visto che le aziende bio non usano diserbanti, servono più persone per estirpare le piante dannose dalle coltivazioni. «Se si considerano questi dati sul reddito – ha aggiunto Vizioli – il modello agricolo di tipo industriale al quale sono orientate tutte le politiche e le norme attuali mostra il proprio fallimento anche sul piano economico».
PIÙ INFORMATIZZATO. Nel dettaglio, il contadino bio è più istruito del collega convenzionale (il 17% è laureato e il 32% ha conseguito un diploma superiore, contro rispettivamente al 6% e al 18%); è più giovane, con il 22% dei titolari d’azienda tra i 20 e i 39 anni; più informatizzato dei contadini convenzionali, con il 10,7% che si presenta al mondo con un proprio sito web di contro all’1,8% del normale agricoltore.
A tutto questo si aggiunge la maggiore diversificazione delle attività produttive: il 17% delle aziende biologiche portano avanti anche degli agriturismi, o delle attività sociali, o delle fattorie didattiche. Oltre a ciò, l’agricoltore biologico è più propenso alla vendita diretta, praticata dall’89% delle aziende bio, rispetto al 64% delle convenzionali. Come ha voluto infine sottolineare Vizioli, «nel biologico possiamo parlare di un’evoluzione a 360 gradi, in linea con una trasformazione sempre più evidente della società e della domanda».
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