Comunità energetiche: che cosa sono?
«La Liguria può solo cercare di muovere bene le pedine che ha, e quella delle comunità energetiche è una bella opportunità perché mette in stretta correlazione la produzione di energie rinnovabili con il consumo locale». Queste parole, riportate dall’Ansa, sono dell’assessore allo sviluppo economico della Liguria Andrea Benveduti, e sono state pronunciate in occasione del convegno “Transizione energetica al buio”. La parola chiave, in questo virgolettato, è senz’altro “comunità energetiche”, concetto che nelle ultime settimane è stato ripetuto da più parti. L’idea di fondo è quella di produrre autonomamente dell’energia, condividerla con gli altri e risparmiare concretamente a livello di bollette. Non si parla però di un privato che decide di installare dei pannelli fotovoltaici sul tetto della propria casa, né di un’impresa che sceglie di creare un impianto fotovoltaico a partire dalle tettoie del proprio parcheggio. Si tratta invece di una “comunità”, e quindi di una pluralità di soggetti che decidono di creare un “cerchio di autoconsumo”. Ma cosa sono nel concreto le comunità energetiche, quali sono le norme di riferimento, e come possono funzionare?
Cosa sono le comunità energetiche
Possiamo guardare alla comunità energetica come a una ristretta rete di cittadini che si mettono d’accordo, creando un impianto condiviso che permetta di soddisfare almeno in parte il loro fabbisogno energetico mediante l’uso di fonti rinnovabili. Per questo si dovrebbe parlare più precisamente di “comunità energetiche rinnovabili. A introdurre questa entità nel nostro paese è stato il Decreto Milleproroghe 162/2019, recependo la Direttiva Europea RED II (2018/2001/UE). Dalla normativa si capisce quindi che una comunità energetica rinnovabile è un’associazione di cittadini, ed eventualmente di attività commerciali, di piccole e medie imprese e di pubbliche amministrazioni, che decide di unire le proprie forze per dotarsi di uno – o diversi impianti – per produrre energia destinata all’autoconsumo. Tutto poggia quindi sui principi della generazione distribuita e dell’energia a chilometri zero. A livello normativo, anche prima del Decreto Milleproroghe era possibile, per una comunità di persone, scegliere di investire in gruppo nella realizzazione di un impianto condiviso; non erano però presenti norme che regolassero la fornitura dell’energia così prodotta a più utenze.
Come funziona una comunità energetica rinnovabile?
Per costituire una comunità energetica rinnovabile è necessario costituire un’entità legale, nella quale devono confluire tutti quelli che saranno gli effettivi soci della futura comunità. Si parla nello specifico di associazioni come cooperative o altre forme associative che non hanno scopo di profitto. Una volta creata l’associazione, è possibile interessarsi attivamente alla realizzazione dell’impianto, a partire dall’individuazione di un’area adatta al suo posizionamento. L’impianto o gli impianti devono essere in prossimità degli utenti-soci: il caso più semplice è quello di un condominio che decide nel suo complesso di installare un impianto fotovoltaico sul tetto, condividendo poi l’energia prodotta con tutti i condomini presenti nella comunità. Lo stesso può essere fatto a livello di borgo, di quartiere e via dicendo. Va precisato altresì che non c’è nessun obbligo relativo al possesso dell’impianto, il quale non deve essere per forza di proprietà dell’intera comunità: potrebbe essere di un solo socio, o persino di un soggetto terzo che decide di metterlo a disposizione dell’associazione.
L’impianto, una volta messo in funzione, può diventare oggetto di una istanza al Gestore dei Servizi Energetici, attraverso i quali ottenere i previsti incentivi relativi alla generazione di energia condivisa all’interno della comunità. Attualmente circa 150 comuni italiani si sono impegnati per favorire lo sviluppo di comunità energetiche rinnovabili, a partire per esempio dalla città di Arezzo, tra le prime ad attivarsi in tal senso. A quanto pare, quindi, l’Italia sarà presto popolata da un numero significativo di associazioni per la condivisione di energia autoprodotta.
Ti è piaciuto l'articolo?
Condividilo