Circular city: l’economia circolare parte dalle città
C’è un modello economico che sta prendendo piede in alternativa a quello ‘lineare’, basato sul concetto di riuso e di rigenerazione. Parliamo dell’economia circolare, una visione ispirata al ‘fare di più con ciò che si ha’ e quindi all’ottimizzazione dello sfruttamento di risorse e materie prime nell’intero ciclo di vita. Da dove partire per implementarla?
Secondo Jonathan F. P. Rose, Presidente della Jonathan Rose Companies, società di real estate focalizzata in progetti di green building, dovrebbero essere le città il motore del cambiamento. Si tratta di una tesi molto interessante, illustrata nella recente pubblicazione The Well-Tempered City, dove si parla, forse per la prima volta, di ‘circular city’, ovvero di un microcosmo dove possano essere applicati i principi di ‘circolarità’ e di un legame fruttoso che potrebbe crearsi fra le varie realtà metropolitane o regionali.
L’economia circolare deve partire dalla città
Il modo più efficace per migliorare l’adattabilità dei sistemi è quello di collegare i loro input, output e informazioni, creando le condizioni in cui possano rispondere alle sollecitazioni di cambiamenti. Le città sono grandi abbastanza per godere dei benefici della diversificazione e piccole a sufficienza per essere ben gestite e per alimentare le informazioni in più cicli produttivi.
L’entropia, il declino termodinamico di un sistema dall’ordine al disordine, colpisce i sistemi in due modi: li induce a passare dallo stato più elevato di organizzazione energetica a quello più basso e la stessa cosa vale per le informazioni. E più i sistemi diventano meno organizzati più risultano poco adattabili. Nessun sistema economico è in grado di superare l’entropia. Come la gravità, è un dato di fatto non negoziabile. L’economia circolare, però, gestisce l’entropia in modo molto diverso rispetto ai classici modelli economici. Lo sviluppo di economie circolari a livello locale consente di ridurre la voracità verso fonti esterne di energia, cibo e materie prime. Grazie poi a un sistema di feedback continui è possibile ottenere dei miglioramenti anche sul fronte dell’organizzazione.
Piccole economie locali che collaborano fra loro
Un’economia circolare trasforma una città da un sistema industriale lineare a un modello basato su sistemi rigenerativi ciclici. Mentre le città adottano programmi come quelli del compostaggio dei rifiuti alimentari a San Francisco e Seattle e incoraggiano la rigenerazione negli impianti di Nucor sparse in tutta l’America, i loro sistemi, spiega Jonathan F. P. Rose, diventano meno vulnerabili alle interruzioni nazionali e globali e a goderne è l’economia locale.
Quattro percorsi per una circular city
Sono quattro i percorsi che possono essere intrapresi per lo sviluppo di un’un’economia circolare regionale. Il primo prevede il mantenimento all’interno dei confini di sistemi e prodotti, ispirandosi ai principi vigenti nel periodo pre-esistente alla seconda guerra mondiale. Il secondo prevede l’implementazione di alcune pratiche, come il consumo collaborativo, che possano estendere l’accesso a beni, riducendo il loro costo e l’impatto ambientale. Ad esempio, i programmi di car sharing come Zipcar hanno il rapporto di una vettura per 7 persone, riducendo in modo significativo la necessità di produrre nuove auto, con tutte le conseguenze positive sul fronte ambientale. Il terzo percorso incoraggia la ristrutturazione e la rigenerazione. Il quarto è quello che prevede la creazione di regolamenti, incentivi e infrastrutture per lo sviluppo di mercati e settori che riciclano i materiali inutilizzati o di scarto.
Imitare la natura
Il riciclatore più efficiente è la natura. Alcuni dei più interessanti sistemi di riciclo emergenti non solo imitano i modelli naturali ma spesso usano la stessa ‘materia prima’: i microbi. Nell’Università di Wageningen, in Olanda, il ricercatore Louise Vet sta lavorando, ad esempio, con il sistema Waste2Chemical allo sviluppo di batteri che possano trasformare i rifiuti misti in materie prime per l’industria chimica. Uno dei progetti più interessanti è quello dell’estrazione dei grassi dai rifiuti alimentari che vengono poi trasformati in polimeri utilizzabili in plastica, additivi per vernici e lubrificanti a un prezzo che è molto competitivo con i combustibili fossili.
Qualcosa si muove
Le economie circolari sono più efficienti quando riescono a connettere gli input agli output e quando i due elementi che consentono che questo accada, la densità e le infrastrutture, sono le caratteristiche preminenti delle città.
La Cina, che investe di più in infrastrutture urbane rispetto a qualsiasi altra nazione al mondo, ha riconosciuto il valore della creazione di un’economia circolare. Nel 2011, il 18esimo Congresso del Partito Comunista Cinese ha posto al centro la necessità di creare una civiltà ecologica con caratteristiche cinesi. Il termine ‘civiltà ecologica‘ esprime un concetto importante perché delinea un livello di armonia che deve crearsi fra il progresso umano e l’esistenza naturale. Il report del Congresso ha stabilito che la Cina “dovrebbe investire maggiormente nel risparmio delle risorse e in un’economia circolare”. Questi concetti sono stati in parte accettati e applicati. La National Development and Reform Commission (NDRC), ha approvato 27 piani di economia circolare in altrettante città e province con un obiettivo 10/100/1000: 10 grandi aree di attività, 100 città dove applicarle e 1000 nuove industrie e grandi eco-parchi industriali.
Olanda al centro della ‘rivoluzione circolare’
Anche l’Unione Europa nel 2012 ha stabilito l’urgenza di muoversi verso un modello economico ‘circolare’. Amsterdam è probabilmente la città che ha risposto meglio, varando un piano nel 2014 per diventare una circular city. L’assessore per la sostenibilità Abdeluheb Choho riferì che “in una città circolare tutti gli obiettivi arriveranno nello stesso momento: meno inquinamento, meno rifiuti ed edifici autosufficienti dal punto di vista energetico”.
L’esempio olandese, secondo Rose, è la strada da seguire. Un modello economico basato sulla cooperazione e su strategie di business integrate che, a partire da circoli virtuosi locali, sappiamo dare delle risposte concrete più allargate ai cambiamenti climatici.
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