ONU: ultima chance prima della catastrofe climatica
C’era chi aveva commentato gli accordi di Parigi conseguenti alla famosa Cop21 come inadeguati e insufficienti per combattere i cambiamenti climatici. Per molti scienziati, infatti, la strategia adottata costituiva sì un utile passo in avanti per allontanare la catastrofe climatica, ma non sembrava nel concreto sufficiente per ridurre in modo concreto le emissioni di gas serra. Sono passati 7 anni dalla Cop di Parigi, ed effettivamente si è ancora pericolosamente lontani da quel cambio di rotta necessario per salvare il pianeta. A sottolinearlo in modo doloroso è l’Onu, che definisce il 2022 come un anno “sprecato” per il clima. L’impressione è che gli impegni presi durante i diversi vertici che si sono succeduti negli anni, dalla Cop21 di Parigi alla Cop26 di Glasgow, abbiano avuto riscontri pallidi o persino assenti nel mondo reale. Una cosa sembra certa: ad oggi non è presente nessun percorso credibile a livello internazionale per evitare la catastrofe climatica.
The Closing Window: il rapporto Onu sull’avvicinarsi della catastrofe climatica
Leggendo il rapporto Onu si ha un po’ l’impressione di trovarsi davanti allo schermo del film Don’t Look Up, che racconta gli sforzi inutili dei ricercatori per convincere l’umanità – e soprattutto i vertici politici – di un’evidente tragedia imminente. Il rapporto in questione si intitola “The Closing Window”, per sottolineare il momento cruciale che si sta vivendo nel campo dei cambiamenti climatici. Come dire: ora o mai più, ultima chance. Nel report si spiega in modo chiaro e schietto che attualmente siamo lontanissimi dagli obiettivi di Parigi, nonostante siano passati ben 7 anni da quella Cop. Questo significa, in altre parole, che nel concreto non esiste a tutt’oggi un progetto per mantenere l’aumento delle temperature al di sotto degli 1,5 gradi. Anzi: seguendo le politiche attualmente in vigore, l’aumento previsto è stimato tra i 2,6 e i 2,8 gradi. Lo scenario risultante sarebbe quello della catastrofe climatica, con sconvolgimenti gravissimi per il pianeta. Ecco allora che solamente una trasformazione che l’Onu definisce “rapida e radicale” può cambiare le sorti della Terra.
Le speranze per la Cop27
Deve risultare chiaro che quanto fatto finora non è nemmeno lontanamente sufficiente. Stando all’Onu, gli impegni così come sono usciti dalla Cop26 di Glasgow si limitano a ridurre di meno del1% le emissioni di gas serra previste per il 2030. Per cambiare le cose ed evitare una catastrofe climatica, invece, sarebbe necessario arrivare all’inizio del prossimo decennio con le emissioni ridotte del 45%. Senza un taglio di questo tipo, stando alla comunità scientifica, sarà impossibile mantenere il surriscaldamento globale al di sotto degli 1,5 gradi. Non sarà facile. Anzi, come sottolinea il direttore esecutivo del Programma Onu per l’ambiente, Inger Andersen, «è un’impresa ardua, e alcuni direbbero impossibile, riformare l’economia globale e quasi dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030, ma dobbiamo provarci» anche perché «ogni frazione di grado conta: per le comunità vulnerabili, per le specie e gli ecosistemi e per ognuno di noi». Ecco che allora la prossima Cop27, che si terrà tra pochi giorni in Egitto, diventa fondamentale per cambiare la rotta.
Le priorità italiane
Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, commentando il report, ha detto che «dobbiamo colmare il divario con quanto è necessario fare sulle emissioni prima che la catastrofe climatica si avvicini a tutti noi». Da questo punto di vista crea dello sgomento leggere quelle che sono le priorità dichiarate dal nuovo ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica – che prima si chiamava della Transizione ecologica – Gilberto Picchetto Fratin, il quale ha affermato «siamo al lavoro su tutte le priorità: aumento dell’estrazione di gas naturale dai giacimenti nazionali; price cap dinamico a livello europeo; disaccoppiamento del prezzo dell’energia da rinnovabili dal prezzo del gas; messa a punto di una nuova norma sugli extraprofitti». Il momento non è certo dei più facili, ma sembra che le priorità italiane siano fondamentalmente diverse da quelle indicate dall’Onu.
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