Case compatte e sostenibili. Perché le tiny home sono così green?
Piccolo è bello. Sembra essere questo il leit motiv degli ultimi anni sul fronte abitativo. Grazie soprattutto al trend, partito dagli Usa, delle cosiddette tiny home, si sta riscoprendo un po’ ovunque il valore di spazi ridotti, modulari, flessibili e perfettamente organizzati. Case compatte e sostenibili che sfidano l’idea finora molto radicata nell’immaginario comune che vivibilità, comfort e benessere potessero essere soddisfatti soltanto dall’avere a disposizione tante stanze da adibire a funzioni diverse.
Case compatte e sostenibili vs grattacieli: chi vince?
Aldilà delle analisi sociologiche, ciò che ci interessa approfondire è l’aspetto della sostenibilità. Quando si parla di tiny home ci si riferisce sì a case molto piccole e che nascono con la peculiarità di essere trasportate ovunque, piccoli rifugi che possiamo portarci dietro in qualsiasi luogo decidiamo di spostarci, ma il concept è legato fortemente anche al basso impatto ambientale. Un aspetto che sembra in contraddizione con un altro trend legato all’edilizia contemporanea, anch’esso connesso a logiche green, quello della verticalità. Nelle grandi città si sta tendendo a realizzare grattacieli sempre più alti proprio perché la concentrazione degli spazi abitativi su una struttura che si sviluppa in verticale è sinonimo di riduzione di consumo di suolo e di ottimizzazione delle risorse. Ovvero, di sostenibilità.
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Dov’è allora la verità? Dipende, potremmo rispondere. Perché entrambe le soluzioni possono essere considerate sostenibili, a seconda del luogo in cui sono realizzate, delle funzioni che devono svolgere e di alcune valutazioni che variano da caso a caso.
Meno materiali e meno lavori di cantiere
Ad ogni modo, ci sono degli elementi che possono non essere considerati e che invece fanno delle case compatte e sostenibili un vero modello di green building. Innanzitutto ridurre le dimensioni degli spazi abitativi vuol dire ridurre il quantitativo dei materiali costruttivi necessari, con un conseguente abbattimento dei consumi energetici legati alla realizzazione edilizia. Snellire, e in molti casi addirittura eliminare (la maggior parte delle tiny home sono prefabbricate ed esistono soluzioni fai-da-te) gli interventi in cantiere ha un impatto evidente in termini di maggiore sostenibilità della filiera legata a un progetto.
Ridurre gli spazi significa ridurre i consumi energetici domestici
Poi c’è il capitolo legato ai consumi domestici. È evidente che per riscaldare e raffrescare degli ambienti molto piccoli siano necessari quantitativi di energia nettamente inferiori rispetto a delle ampie metrature, che possono essere tra l’altro facilmente auto-prodotti grazie a piccoli impianti fotovoltaici.
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Le case compatte e sostenibili sono realizzate in spazi inutilizzati
Oltre a queste considerazioni, ce ne è poi un’altra che riguarda le case compatte e sostenibili, molto interessante. Se escludiamo i modelli di tiny home progettati come un’alternativa al camper e quindi in un’ottica di abitazione vacante, la maggior parte delle mini case che troviamo sparse per il mondo sono state realizzate in spazi inutilizzati e inutilizzabili per la costruzione di abitazioni ‘tradizionali’. Se diamo uno sguardo ai progetti ci rendiamo conto che sono stati sfruttati i pochi metri a disposizione fra un’abitazione e un’altra, gli spazi vuoti agli angoli delle strade o all’interno di aree vuote a servizio di negozi o edifici del terziario.
Ecco qualche progetto che sicuramente vi lascerà a bocca aperta.
Keret House, la casa più stretta del mondo
Non potevamo non iniziare con la Keret House, ribattezzata come “la casa più stretta del mondo”. Realizzata dallo studio di architettura Centrala per lo scrittore e regista israeliano Etgar Keret, l’abitazione si trova a Varsavia ed è frutto di un progetto ambizioso, quello di riuscire a ricavare una casa vivibile sfruttando lo spazio verticale tra due edifici preesistenti. Uno spazio davvero ridotto: parliamo di 122 centimetri nel punto più ampio e di 72 in quello più stretto.
Certamente la Keret House non può essere concepita come una dimora stabile e di fatto nasce come residenza temporanea per artisti, oltre che come luogo di rifugio e di lavoro dello scrittore. Ma, grazie a un design attento e curato nei minimi dettagli, gli architetti sono riusciti comunque a dimostrare che si può costruire anche negli spazi più impensabili.
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House H, il minimalismo giapponese
Chiaramente non poteva mancare un esempio dal Giappone, patria del minimalismo e dell’organizzazione. House H, progettata dallo studio Hiroyuki Shinozaki Architects per una giovane coppia di Matsudo, nella prefettura di Chiba, riassume perfettamente questi principi. La struttura dell’abitazione, ricavata anch’essa in uno spazio inutilizzato della città, si compone di otto telai in legno a forma di Y che creano una serie di loft a vari livelli.
Sebbene il design possa essere ricondotto a quello di un unico ambiente che termina con la copertura, i diversi ambienti ricavati nei livelli si articolano in modo complesso e danno alla tiny home un’eleganza e uno stile quasi unici.
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Acute House, la casa triangolare
A proposito di ottimizzazione dello spazio a disposizione, la Acute House progettata dallo studio australiano OFF!architecture è una delle realizzazioni più esemplificative. La sfida di costruire una casa sfruttando uno spazio di terra triangolare si è concretizzata in una struttura a punta con degli ambienti interni perfettamente organizzati. Sviluppandosi in altezza, la casa dispone di livelli sfalsati, a cui si accede tramite una piccola scala, anch’essa triangolare.
La Acute House di Melbourne entra degnamente nel novero di case compatte e sostenibili perché la quota ‘green’ è molto presente: le finestre sono state progettate per consentire il massimo ingresso di luce e nei pochi metri quadrati è stato addirittura previsto uno spazio verde interno.
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