Cambiamenti climatici nei Paesi in via di sviluppo: 189 milioni di persone colpite ogni anno
Risuona ancora nelle orecchie di buona parte del pubblico il discorso che Vanessa Nakate, la giovane attivista ugandese, aveva pronunciato in occasione dello Youth4Climate tenutosi a Milano lo scorso autunno. Le sue parole erano state commoventi e allo stesso potenti, ricordando che «l’Africa è responsabile per il 3% delle emissioni globali, ma nonostante questo soffriamo l’impatto della crisi più di altri». Nakate si riferiva agli eventi disastrosi che avevano colpito la sua terra natale, l’Uganda, ma anche l’Algeria, il Madagascar e la Nigeria, chiedendo poi «chi pagherà per tutto questo? Chi pagherà per le persone che muoiono, che scappano, per le specie che scompaiono? Per quanto tempo dovrà continuare così?». Di certo nell’ultimo anno non sono stati fatti particolari passi avanti in questa direzione. E i numeri dimostrano quanto i cambiamenti climatici nei Paesi in via di sviluppo possano essere pericolosi: a metterlo in evidenza è uno studio diffuso dalla rete Loss and Damage Collaboration, il quale afferma che mediamente ogni anno 189 milioni di persone vengono colpite da eventi estremi.
Le conseguenze dei cambiamenti climatici nei Paesi in via di sviluppo
La rete Loss and Damage Collaboration vede al suo interno Oxfam e più di 100 ricercatori, attivisti e decisori politici provenienti da tutto il mondo. Con questo nuovo studio ha voluto mettere in luce le conseguenze dei cambiamenti climatici nei Paesi in via di sviluppo. E i dati dimostrano chiaramente che le aree più povere del pianeta sono molto spesso quelle maggiormente colpite dal climate change. Si pensi alla totalità delle vittime registrate per via degli eventi climatici estremi a partire dal 1991: il 79% di queste viveva nei Paesi in via di Sviluppo. Allargando lo sguardo, negli ultimi 30 anni il 97% delle persone che sono state semplicemente “colpite” da eventi climatici estremi viveva in questi luoghi. A partire dagli anni Novanta, il numero dei disastri climatici che hanno interessato le aree più povere del globo è aumentando a dismisura, superando il raddoppio: le vittime sono state così più di 676mila. E certo in tutto questo ha un ruolo anche la mancanza, in tanti casi, di sistemi di allerta contro il rischio catastrofi.
Il climate change e l’economia africana
La furia dei cambiamenti climatici comporta conseguenze importanti anche per quanto riguarda l’economia dei paesi africani. Stando ai dati riportati dall’African Development Bank, il continente sta perdendo ogni anno una fetta compresa tra il 5% e il 15% del Pil pro-capite, proprio per via dei climate change. Come aveva sottolineato Nakate, questo avviene mentre l’Africa nel suo complesso è responsabile di una fetta marginale delle emissioni inquinanti che ammorbano la Terra, pari a circa il 3-4%.
E mentre l’inquinamento mette in ginocchio l’Africa, l’industria dei combustibili fossili continua a conoscere enormi guadagni. Sempre secondo il report di Loss and Damage Collaboration, nel primo semestre del 2022 i 6 big (BP, Shell, Chevron, Exxon Mobil, Total e Eni) hanno conosciuto profitti che superano i 70 miliardi di dollari. Si è visto qual è – e dov’è – il prezzo di questi guadagni. Nei soli primi 20 anni di questo nuovo millennio, 55 tra i Paesi più poveri del mondo hanno conosciuto perdite economiche pari a 500 miliardi di dollari per via degli eventi climatici estremi.
Di certo, oltre a tagliare rapidamente le emissioni inquinanti, è necessario mettere in campo degli strumenti concreti per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad affrontare gli eventi estremi causati dai cambiamenti climatici. Come ha spiegato Francesco Petrelli, policy advisor di Oxfam Italia, «il tema dei finanziamenti necessari ad affrontare il costo dell’impatto sempre più distruttivo del cambiamento climatico è destinato ad essere al centro della prossima Cop27 che si terrà a novembre a Sharm El-Sheikh in Egitto. Alla conferenza i Paesi in via di sviluppo chiederanno di agire dopo decenni di ritardi, rinvii e promesse non mantenute. Ci uniamo a questo appello, perché senza un’azione immediata ed efficace, ancora tantissime vite andranno perse».
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