Caccia all’orso Svezia
Animali

Caccia all’orso: in Svezia licenze per uccidere il 20% della popolazione

Ormai da tempo la questione orso è tra i temi centrali dell’attività, in Trentino e di riflesso anche a livello nazioale: come è noto, infatti, il destino degli orsi trentini, reintrodotti a partire dal 1996 con il Progetto Life Ursus, attira le più diverse e contrastanti opinioni. Di fronte a una popolazione di plantigradi stimata di 98 esemplari – nel 2021 se ne erano contati 85 – lo scontro mediatico continua a essere alimentato dai fronti opposti, per arrivare a gesti estremi: pensiamo per esempio a quello che è stato definito come “orsicidio”, ovvero l’uccisione dell’orsa F36 nei boschi di Sella Giudicarie, a settembre 2023; quello stesso esemplare, tre mesi prima, aveva attaccato due cacciatori della zona. E in effetti sempre in Trentino a marzo – dopo una seduta di bene 16 ore – era stata approvata la legge per l’abbattimento dei plantigradi, che autorizza la caccia all’orso fino a 9 esemplari l’anno, se giudicati pericolosi o “confidenti. In quell’occasione il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, aveva spiegato che il progetto Life Ursus “deve tornare alla sua originalità, cioè ai 50 esemplari sul territorio”: per raggiungere questo obiettivo, oltre alla caccia all’orso, si prevederebbero trasferimenti in altre realtà.

La caccia all’orso in Svezia

La questione della tutela dei plantigradi si scontra con la possibilità della caccia all’orso anche altrove. Il pensiero proprio in questi giorni va alla Svezia, che ha deciso di autorizzare l’uccisione del 20% della propria popolazione di orso bruno, a partire dal 21 agosto. Si parla quindi di ben 500 esemplari, così da portare il numero complessivo di orsi in Svezia a 2.000: il 40% in meno rispetto alla popolazione presente nel 2008. E dire che anche qui nel tempo erano stati fatti molti sforzi per reintrodurre i plantigradi, che negli anni Venti del secolo scorso erano quasi arrivati all’estinzione. L’impegno degli animalisti aveva poi permesso di proteggere i pochi orsi rimasti e di far crescere nuove comunità, per arrivare al picco di 3.300 esemplari nel 2008. Da allora, anno dopo anno, sono però aumentate le licenze per la caccia all’orso: si pensi che nel 2023 in tutto sono stati uccisi 722 esemplari. Da una parte c’è chi spiega che una così grossa caccia all’orso sia motivata dalla necessità di avere un equilibrio tra umani e grandi predatori; dall’altra ci sono gli animalisti che sostengono che queste licenze abbiano a che fare unicamente con il desiderio di moltiplicare i trofei di caccia. Come riportato da Guardian, però, ci sono anche diversi cacciatori svedesi che guardano con preoccupazione al numero di licenze, temendo un futuro in cui – per gli eccessi attuali – la caccia all’orso ritorno a essere vietata. In effetti la Swedish Environmental Protection Agency ha fissato a 1.400 la soglia minima di esemplari per mantenere una popolazione sufficiente di orsi in Svezia.

Il fallimento della reintroduzione dei plantigradi

I progetti di reintroduzione e di protezione di plantigradi, come si può constatare, non creano attriti unicamente in Italia. Ma proprio il fatto che progetti come questi siano presenti anche altrove può aiutare nell’individuare delle buone pratiche: il WWF, nel sottolineare quanto sia fondamentale implementare delle strategie volte a ridurre i rischi di interazioni aggressive, ricorda per esempio come in Paesi come Svezia, Slovenia, Slovacchia, Romania e Polonia – come anche negli Stati Uniti, in Canada e in Russia – sia consentito l’utilizzo del bear spray. Nei rari casi di attacco a escursionisti, questo strumento si è infatti rivelato efficace: la sua introduzione nell’arco alpino, insieme al potenziamento dell’attività di informazione e di sensibilizzazione, e all’individuazione di corridoi ecologici per la dispersione degli orsi, potrebbe cambiare concretamente la situazione, senza dover ricorrere alla caccia all’orso per rendere sicuri i nostri boschi.