Bullitt Center: una lezione di greenbuilding
A distanza di quattro anni dalla realizzazione, il Bullitt Center di Seattle potrebbe aver perso il primato di edificio per uffici più sostenibile al mondo. Ma le soluzioni implementate, grazie alle quali è stato possibile ottenere l’ambita certificazione Living Building Challenge, rimangono attuali e di grande valore. E continuano a dimostrare e a insegnare che il greenbuilding è possibile.
Come un albero
Commissionato dalla Bullitt Foundation, ente non-profit attivo nell’ecologia urbana, l’edificio, progettato dallo studio The Miller Hull Partnership, sorge nei pressi del Mac Gilvra Park di Seattle, un parco pubblico con alberi secolari, che hanno ispirato il concept dell’edificio. Il Bullitt Center sembra infatti imitare il ‘funzionamento’ di un albero: ha delle radici (sonde geotermiche) che affondano nel terreno e una chioma fotovoltaica che immagazzina energia solare per alimentare tutti gli impianti, mentre tubi e condotti raccolgono e fanno fluire l’acqua piovana per soddisfare i fabbisogni idrici.
Net Zero Energy grazie a fotovoltaico…
Il 100% dell’energia necessaria alla struttura è prodotta in loco, cosa che fa del Bullitt Center un edificio Net Zero Energy. L’autosufficienza è garantita dalla copertura solare composta da 575 pannelli ad alta efficienza, orientati in modo tale da sfruttare la massima esposizione, con una capacità di 425 watt ognuno, per un totale, nelle migliori condizioni di 242 kW. La produzione di energia elettrica dei pannelli fotovoltaici è, in media, pari a 230.000 kWh l’anno, che è l’equivalente al fabbisogno energetico dell’edificio. Ma non è chiaramente distribuita in modo omogeneo durante l’anno: nei mesi estivi l’impianto produce molta più energia di quanto ne consumi, che viene immagazzinata e riutilizzata in quelli invernali o nei momenti di picco.
…e geotermia
Gran parte dell’energia termica è invece presa dal suolo, grazie a un impianto geotermico con 26 sonde che penetrano il terreno per 120 metri, dove la temperatura è costante intorno a 13°C. In inverno l’acqua viene preriscaldata consentendo una riduzione del carico delle pompe di calore elettriche, mentre nei periodi estivi viene alimentato un sistema di riscaldamento a basso impatto ambientale.
Sensori per regolare luce e temperatura
Per contenere ancora di più i consumi energetici si è puntato poi sull’isolamento termico della facciata e sullo sfruttamento dell’illuminazione e ventilazione naturale. Grazie alle ampie vetrate oltre l’80% degli ambienti dell’edificio è raggiunto dalla luce naturale, nelle ore diurne, ad integrazione dell’illuminazione elettrica. Al fine di ridurre gli inutili sprechi una una rete di sensori si occupa del monitoraggio delle condizioni di luce, regolando le lampade, oltre a rilevare i livelli di CO2 e la temperatura. Disponibile anche un sistema di apertura meccanizzata delle finestre, sempre regolata da sensori e un sistema di ombreggiamento per ridurre il surriscaldamento estivo senza pregiudicare l’ingresso della luce.
Materiali naturali e certificati
Per aumentare l’impronta green dell’edificio anche i materiali sono stati scelti con particolare cura. Il legno utilizzato è certificato FSC (Forest Stewardship Council), con l’obiettivo di durare almeno 250 anni per poi essere interamente riciclato. E in generale sono stati privilegiati materiali prodotti nelle vicinanze, al fine di ridurre le Co2 legate al trasporto, e privi di sostanze tossiche o potenzialmente nocive, così da rispettare la cosiddetta ‘Red List’ (un elenco di prodotti da evitare) redatta dall’International Living Future Institute.
Living Building Challenge, una certificazione non semplice da ottenere
La certificazione volontaria Living Building Challenge (LBC) non è semplice da ottenere, anche perché non valuta i dati di progetto, mai le prestazioni energetiche dell’edificio in uso. Prima di ottenerla è quindi necessario dimostrare di aver raggiunto l’autosufficienza energetica e idrica nel corso dei 12 mesi che seguono la messa in funzione dell’edificio.
Lo standard si compone di 20 requisiti da rispettare suddivisi in sette aree di sostenibilità, anche chiamati ‘petali’: Sito, Acqua, Energia, Salute, Materiali, Equità, Bellezza. Le certificazioni ottenibili sono tre, la prima della quale- la Living Building Certification- che il Bullitt Center ha ottenuto, è la più completa.
Net-Zero Water
Come anticipato, il Bullitt Center è anche Net-Zero Water, ovvero non consuma altra acqua all’infuori di quella pluviale raccolta, complice anche il clima particolarmente piovoso della città.
La pioggia viene raccolta sul tetto giardino e convogliata verso una cisterna da 210.000 litri collocata nelle fondamenta dell’edificio. Da qui l’acqua viene prelevata sia per gli usi “grigi”, quali scarichi dei sanitari o irrigazione, sia per quelli potabili, dopo essere stata filtrata meccanicamente e sanificata tramite raggi UV. Anche le acque reflue vengono a loro volta raccolte in un serbatoio interrato collegato a un sistema di depurazione naturale dove avviene il trattamento microbico. Poi, l’acqua depurata viene filtrata all’esterno, irrigando un’ampia zona verde circostante. Un ciclo più che virtuoso.
Benessere degli occupanti
Fra i moderni requisiti del green building non manca ormai anche la (giusta) attenzione al benessere degli occupanti. Nella progettazione degli spazi interni, il Bullitt Center ha scelto di mettere in pratica alcuni principi del cosiddetto Active Design, uno standard progettuale che promuove l’attività fisica. Nel caso dell’edificio di Seattle è stata realizzata una grande scala nell’atrio e che si estende fuori dal corpo della struttura.
Per invogliarne l’uso, è stata realizzata con ampie vetrate che consentono uno scorcio incantevole sul panorama cittadino e spazi nei quali sostare.
Altre caratteristiche interessanti che rientrano nella promozione di uno stile di vista più sano sono l’assenza di parcheggi per le auto, sostituiti con rastrelliere per le biciclette, oltre alla dotazione di docce a disposizione per i dipendenti che scelgono di raggiungere il posto di lavoro in bici o a piedi o che scelgono di impiegare la pausa pranzo in una qualche attività motoria.
Benefici ambientali
Il legno, come ben noto, oltre ad essere un materiale sostenibile ha anche la capacità di intrappolare un ingente quantitativo di particelle nocive, evitandone la dispersione in ambiente. Nel caso del Bulllitt Center è stato stimato che il quantitativo di Co2 intrappolata nel legno è pari a 545 tonnellate metriche, mentre la Co2 che è stata risparmiata in totale è pari a 1.703 tonnellate. Sempre secondo le stime, questi numeri equivalgono alle emissioni di 325 vetture che viaggiano su strada per un anno e dei consumi energetici necessari al ‘funzionamento’ di un’abitazione per 145 anni.
Un costo iniziale che deve essere visto come investimento
Gli interventi che il Bullitt Center ha realizzato non sono chiaramente stati a basso costo. A conti fatti, l’edificio è costato complessivamente 30 milioni di dollari, circa il doppio di uno tradizionale. Ma, dal punto di vista dei progettisti e soprattutto della committenza, i maggiori costi sono stati visti come un investimento nel futuro. L’edificio ha una vita utile cinque volte superiore a quella di una costruzione standard (250 anni contro i 50 di un ufficio tradizionale) e nel bilancio complessivo vanno considerati sia i risparmi energetici sia il contributo di sostenibilità ambientale.
SCHEDA PROGETTUALE
Località: Seattle, USA
Superficie totale: 4.800 mq
Committente: Bullitt Foundation
Studio Architettonico: The Miller Hull Partnership (Arch. Miller Hull)
Certificazione: Living Building Challenge 2.0
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