Cosa può fare blockchain per una smart city?
Cosa può fare blockchain per una smart city? Impossibile, negli ultimi anni, non aver mai sentito parlare di bitcoin, e quindi, parallelamente, anche di blockchain. È però possibile non aver ben chiaro a che cosa ci si riferisca nel concreto. Detto in parole semplici, il bitcoin è una moneta, anzi, una cripto-moneta che viaggia ed esiste esclusivamente online. Insomma, ha un valore, la si può effettivamente usare per delle transazioni, ma non si potrà mai avere nel proprio portafogli dei bitcoin insieme alle normali banconote e alle monete. Tutto questo è possibile grazie a un enorme e sofisticato libro mastro virtuale che tiene conto in modo minuzioso, sicuro e protetto di tutte le transazioni effettuate in bitcoin: questo per l’appunto è il blockchain. Si tratta dunque di un enorme database che risulta impenetrabile dall’esterno, ed è proprio per questa sua caratteristica che c’è qualcuno che ha deciso di voler sfruttare la tecnologia blockchain per una smart city.
Il progetto DECODE dell’Unione Europea
Tutti i più grandi brand farebbero carte false per poter mettere mano sui nostri dati personali: cosa ci piace, cosa non ci piace, cosa mangiamo, cosa beviamo, dove andiamo… e come sappiamo, nel web 2.0, queste informazioni non sono poi così segrete quanto lo erano in passato. E se tutti questi dati, invece di essere utilizzati dalle grandi aziende, venissero sfruttati dalla pubblica amministrazione per rendere migliori le nostre città? Ecco, è per questo motivo che oggi parliamo degli impieghi del blockchain per una smart city. A lanciare questa idea è stata l’Unione Europea attraverso il progetto DECODE (Decentralised Citizen Owned Data Ecosystem) che avvierà i primi test nelle città di Barcellona e di Amsterdam entro la fine del 2017: in entrambi i centri urbani si avvieranno dei trials su 1000 persone. A esse verrà assegnata una speciale app con la quale potranno condividere sia con l’amministrazione pubblica e sia con delle compagnie private i loro dati personali. Questa prima fase di prova terminerà nel 2019.
Ecco cosa può fare blockchain per una smart city
Il tutto avverrà per l’appunto attraverso il libro mastro blockchain. I dati personali condivisi dai cittadini verranno dunque debitamente archiviati nel database per poi essere resi disponibili ai destinatari indicati dagli titolari delle informazioni. Proprio così: gli utenti potranno infatti decidere quali dati personali inserire e quali no, e soprattutto scegliere chi potrà effettivamente accedervi. Per esempio un utente potrebbe decidere che i dati di location-tracking dei suoi movimenti nei parchi della città potranno essere visualizzati e quindi utilizzati solamente dall’amministrazione pubblica cittadina, e non dalle compagnie private. Ecco, in questo senso, dunque, si spiega l’utilità del blockchain all’interno di una smart city del futuro, anche se non serve andare troppo in là con lo sguardo per intravederne i primi benefici. Nel Regno Unito, per esempio, l’app FixMyStreet permette ai cittadini di condividere in modo molto semplice l’esistenza di problemi nell’illuminazione stradale o di graffiti nel proprio quartiere; la popolare app Strava Metro condivide i dati di spostamento degli utenti in bici o di corsa con le amministrazioni locali, che possono così sfruttarli per migliorare la viabilità pedonale e ciclabile delle città.
Un nuovo tipo di raccolta dei dati personali
Come spiega Tom Symons di Nesta, una delle agenzie di innovazione integrate dall’Unione Europea nel progetto DECODE, «la gente non ha davvero il controllo dei propri dati personali», e di questo non si possono che incolpare le grandi compagnie online, le quali accumulano informazioni sui loro clienti e poi si rifiutano di renderle disponibili alle organizzazioni che puntano unicamente al benessere pubblico. Per questo la raccolta dei dati personali per la pubblica amministrazione deve essere diversa, così come progettato da DECODE: e per lo stesso motivo, il metodo migliore sembra essere proprio quello del blockchain.
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