Biologia di sintesi: benefici e rischi
“Un’industria emergente nonché una possibile soluzione a molte sfide ambientali dei nostri tempi“: così viene definita dall’Unione Europea la biologia di sintesi, un approccio alla materia che dagli anni ’80 tenta di riprodurre in laboratorio sistemi biologici esistenti in natura, ma che si occupa anche di crearne di nuovi da zero. In altre parole si agisce sul DNA di piante, batteri e animali per costruire microorganismi e creare – o riprodurre – nuovi geni ricombinati.
L’Europa è il continente che sta investendo maggiormente in questa nuovo campo, anche grazie ad alcuni tra i laboratori più prestigiosi al mondo nella ricerca in biotecnologie.
Fino ad ora la biologia di sintesi, o sintetica, è stata sperimentata in ambito farmaceutico, agricolo ed energetico. In un recente rapporto d’analisi sulla tematica, la Commissione Europea ha affermato che queste sperimentazioni “potrebbero proporre soluzioni ad alcune delle grandi sfide ecologiche dei nostri tempi, come i cambiamenti climatici o la scarsità di acqua potabile“, ammettendo anche però, che l’introduzione di organismi sintetici potrebbe comportare un grande rischio per l’ecosistema naturale.
I campi di applicazione: alcuni esempi
Una delle applicazioni più riuscite in campo farmaceutico è la sintesi dell’artemisinina, una sostanza derivante dalla modifica di alcune cellule di lieviti e utilizzata per curare la malaria. E sempre nello stesso campo è stata sviluppato l’ATryn, un anticoagulante estratto dal latte di capre geneticamente modificate. Per produrre questa sostanza è stato inserito in questi animali un segmento di DNA in grado di farli produrre l’antitrombina, la proteina nota per disattivare gli enzimi del sistema di coagulazione.
Tra gli utilizzi più bizzarri di questa tecnologia troviamo il caso delle glowing plants, ovvero piante con la capacità di diventare fluorescenti grazie all’inserimento nel loro DNA di alcuni geni di lucciole e meduse che permettono ai vegetali di emettere luce.
Altri impieghi sono stati invece sperimentati nel settore ambientale dove sono attivi progetti per produrre organismi in grado di purificare l’acqua rimuovendo pesticidi o metalli pesanti. E ancora, in campo energetico, è stata creata un’alga che può fungere da bio-combustile, evitando così tutte le problematiche legate allo sfruttamento dei terreni per le coltivazioni di combustibili alternativi ai fossili.
I Benefici
Per quanto riguarda la creazione di nuovi organismi, uno dei vantaggi derivanti in agricoltura è la possibile riduzione dell’impatto umano sullo sfruttamento dei terreni. In che modo? Producendo per esempio piante che non hanno bisogno di pesticidi e che quindi evitano al terreno tutti i trattamenti che a lungo andare lo deteriorano. Altre possibili interessanti sperimentazioni le troviamo nel campo del cosiddetto biorisanamento, ovvero nella creazione di microorganismi in grado di purificare l’acqua e il suolo, permettendo a batteri come il Rhodococcus o lo Pseudomonas di rompere le particelle di petrolio trasformandole in sotto prodotti con un minor tasso di tossicità.
Ci sono poi le applicazioni che vanno invece solo a modificare organismi già esistenti. Tra questi gli interventi fatti al DNA di alcune api a rischio estinzione per farle diventare più resistenti ai fitofarmaci, o le modifiche su alcuni geni delle zanzare per diminuirne la pericolosità, rendendole immuni ai parassiti che causano la malaria.
I rischi della biologia di sintesi
Nonostante il successo di molte sperimentazioni nel campo della biologia sintetica, ci sono però ancora molti dubbi riguardo alle sue possibili conseguenze sull’ambiente, ma non solo. In primis perché il rilascio di nuovi organismi in natura potrebbe cambiare radicalmente l’ecosistema, a causa della loro resistenza e della facilità con la quale riescono a trasmettere il loro corredo genetico. Si rischia quindi in questo modo che le nuove specie diventino invasive e che quelle selvatiche vengano di conseguenza spazzate via, insieme al loro habitat.
A ciò si lega poi anche il dibattito che si è sviluppato attorno agli OGM e alla sicurezza alimentare. Se di fatto non possiamo ancora affermare che gli organismi geneticamente modificati siano nocivi per la salute umana di per sé, non possiamo ancora dirlo dei metodi utilizzati per modificare i geni. Le maggiori aziende che operano nel settore infatti non sempre riportano le procedure e i prodotti impiegati ed è ancora troppo presto per accertare dei possibili danni alla salute. Vi è quindi il rischio di mangiare questi alimenti per anni per poi accorgersi che era meglio evitarli.
Infine, un altro potenziale effetto negativo si gioca nel campo della giustizia sociale: i prodotti che ora sono sintetizzati in laboratorio prima derivavano anche da attività agricole di piccoli contadini. Intraprendere definitivamente la strada della biologia sintetica significherebbe quindi togliere a questi individui l’unica fonte di reddito.
Un focus da ricalibrare?
Al di là di un possibile dibattito etico, non vi è ancora un parere unanime del mondo scientifico sulla biologia di sintesi. Ciò che però emerge come ulteriore preoccupazione nei confronti di questa attività è la percezione distorta che può dare di alcune questioni di fondamentale importanza, in primis la biodiversità. Non si può infatti pensare di risolvere i problemi legati alla perdita di varietà genetiche continuando a crearne di nuove in laboratorio o rendendo più resistenti quelle a rischio. In questo modo si finisce col focalizzare l’attenzione sugli effetti della perdita di biodiversità e non tanto sulle sue cause. La scomparsa della diversità genetica, come tutti i problemi del resto, può essere combattuta solo con un’analisi a monte delle cause che portano a questa situazione – utilizzo di fitofarmaci, sfruttamento dei terreni, cambiamenti climatici, politiche malpensate, ecc., – e non tanto cercando di tappare malamente i danni che sono già in corso ora.
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