È scomparso Bill Mollison, il fondatore della permacultura
È morto il 24 settembre scorso all’età di 88 anni Bruce Charles Mollison uno dei due padri fondatori della filosofia della permacultura. Nato in Australia nel 1928, Bill, come veniva chiamato dagli amici, insieme all’agronomo David Holmgren, ha dato vita al movimento che ha rivoluzionato per molti la visione dell’agricoltura moderna. Secondo Holmgren, fu proprio Mollison a coniare il termine permacultura a metà degli anni ’70 per descrivere
“un sistema integrato ed in evoluzione di specie vegetali ed animali perenni o auto-perpetuanti utili all’uomo”,
come si trova scritto in Permacultural One, la loro prima pubblicazione ufficiale sull’argomento risalente al 1978. Ma di che cosa si tratta esattamente? La definizione nasce dalla contrazione dei due termini agricolture e permanent, ovvero agricoltura permanente, un approccio che punta a sviluppare sistemi agricoli sostenibili e autonomi, che riescano quindi a soddisfare il fabbisogno di cibo degli esseri umani senza intaccare l’ecosistema naturale.
La teoria della permacultura si basa sull’assunto che lo stile produttivo industriale legato al mondo agricolo diventerà sempre più insostenibile a livello ambientale e che quindi sia necessaria un’inversione di tendenza che riesca a creare un reale equilibrio tra uomo e natura. Al centro della questione sta il crescente fabbisogno energetico che i metodi di agricoltura moderni richiedono e che, secondo i due pionieri, non potrà essere portato avanti all’infinito poiché si basa in gran parte su risorse non rinnovabili, e quindi per questo sia urgente tornare a stili produttivi pre-industriali.
“La permacultura – afferma Holmgren nel libro Permacultura, dallo sfruttamento all’integrazione – non ha come obiettivo principale quello di far pressione su governo e istituzioni per cambiare la politica, ma quello di permettere a individui, famiglie e comunità locali di accentuare la loro autosufficienza e autoregolazione”.
In altre parole è una filosofia che si batte per il ritorno alla stagionalità delle colture, per il rispetto dei tempi naturali di crescita delle piante e per l’abolizione dell’uso di concimi, sostenendo che tutto ciò di cui hanno bisogno i vegetali per vivere e produrre cibo è già presente nell’ecosistema.
I principi fondamentali
Dall’osservazione alla valorizzazione della diversità, sono dodici i principi che regolano questo metodo. Il riciclo e la conservazione dell’energia, l’utilizzo del prodotto di margine per non sprecare nulla, l’integrazione degli elementi anziché la loro separazione, il tutto in un’ottica assolutamente produttiva che si riassume nel terzo principio che professa “assicurati che ogni elemento del progetto porti una ricompensa utile“. Postulati che non lasciano nulla al caso e che precedono la fase reale di messa in opera, anch’essa ben delineata dai due studiosi australiani e che consiste nell’identificazione delle risorse, di clima e microclima e delle condizioni del terreno su cui si andrà a sviluppare l’idea.
La nascita del movimento nel nostro Paese
In Italia la permacultura ha mosso i primi passi nel settembre del 2000 quando, su invito dell’associazione toscana Torri Superiore, due insegnanti dell’accademia di permacultura spagnola hanno tenuto la prima serie di lezioni sull’argomento nel nostro Paese. Nei tre anni successivi si sono susseguiti più di 80 corsi in tutta Italia, fino ad arrivare al 2003, quando si sono diplomati i primi quattro italiani all’Accademia di Permacultura Britannica. Marino Barboncini, Massimo Candela, Saviana Parodi, Stefano Soldati, questi i nomi dei diplomati, hanno formato subito dopo la fine dei loro studi un gruppo per sostenere coloro che volevano intraprendere questo percorso, per poi fondare ufficialmente nel 2006 la prima Accademia Italiana di Permacultura APS (Associazione di Prevenzione Sociale). Oggi la scuola conta circa 290 membri attivi e un corso principale di due anni di progettazione in permacultura integrata. Per il conseguimento del diploma è necessario frequentare un corso iniziale di 72 ore e proseguire poi per due anni con attività di apprendimento pratico della materia sotto la supervisione dei tutor dell’istituto.
La diffusione della permacultura
Oggi ogni regione ha un gruppo locale a cui fare riferimento e sono decine le iniziative che si ispirano alle teorie di Mollison e Holmgren. Tra queste il festival che si tiene ogni anno a Bolsena – organizzato dall’Accademia – che raduna appassionati da ogni parte del Paese, proponendo workshop, dibattiti e incontri con esperti del settore. Oltre alla prima esperienza dell’Accademia in Toscana ora è possibile formarsi anche in altre zone grazie al proliferare di realtà simili, dall’Istituto Italiano di Permacultura in Piemonte, alla fattoria dell’autosufficienza in Emilia Romagna, al progetto Milis di Alessandro Caddeo in Sardegna.
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