Basta una email per salvare la barriera corallina del Belize
Una email per la barriera
Abbiamo spesso ricordato che le email inquinano: ebbene, esistono anche dei messaggi di posta elettronica che, al contrario, possono salvare l’ambiente. Sono infatti quasi 150 mila le email mandate da persone di tutto il pianeta e destinate al primo ministro del Belize, Dean Barrow. L’intento non è quello di far esplodere la sua casella di posta elettronica, tutt’altro: l’obiettivo è convincere il politico a salvare la barriera corallina situata a largo del Belize, nelle bellissime acque del Mare dei Caraibi. Più grande di lei esiste solo la grande barriera australiana: con i suoi 300 chilometri di lunghezza, infatti, quella del Belize è la barriera corallina più lunga di tutto l’emisfero boreale.
L’appello a Dean Barrow
«Vi incoraggio a garantire la protezione a lungo termine della barriera del Belize come eredità positiva della vostra guida per Belize e il mondo»: queste le parole che quasi 150 mila persone hanno recapitato via posta elettronica al primo ministro del Belize, nella speranza che la decisione giusta venga presa. Il turismo, la produzione agricola, la navigazione, le attività industriali, la cementificazione, la pesca commerciale e i cambiamenti climatici sono tutti fattori che stanno mettendo in serio pericolo la barriera corallina.
Più di 1.400 specie animali e vegetali
Ad organizzare l’appello mondiale al primo ministro del Belize è stato il Wwf: l’organizzazione ambientalista chiede al governo di bloccare subito le dannose attività di estrazione petrolifera nelle proprie acque. Il Wwf ha dichiarato che
«di recente gli ecosistemi della barriera corallina sono stati seriamente danneggiati proprio dalle costruzioni sulla costa e dalle concessioni per l’estrazione di greggio».
Il rischio concreto è dunque quello di andare incontro ad un vera e propria catastrofe ambientale: basti pensare che l’area interessata ospita più di 1.400 diverse specie animali e vegetali, una biodiversità unica e semplicemente irripetibile. Lo sfruttamento sistematico dei mari, inoltre, non provoca danni solo alla natura, ma anche agli abitanti del Belize, i quali di fatto vivono essenzialmente di due attività: la pesca e il turismo. Distruggendo il Mare dei Carabi, dunque, si distruggerebbe anche la vita dei beliziani.
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