Che fine ha fatto l’auto ad aria compressa?
Nel febbraio 2015 il produttore automobilistico Tata annunciò che nel corso dell’anno avrebbe messo in commercio la sua auto ad aria compressa. L’azienda indiana aveva presentato AirPod all’Auto Show di Ginevra nel 2014. Ma ad oggi sembra che anche l’ultimo produttore impegnato in questa tecnologia pulita ma insostenibile per gli usi quotidiani, stia brancolando nel buio.
Cosa è successo alla Tata AirPod
In un momento in cui tutti i produttori automobilistici stavano abbandonando il campo, Tata aveva annunciato di essere al lavoro su un’auto ad aria compressa. L’azienda aveva iniziato a lavorare al progetto AirPod già nel 2012, ma con scarsi risultati. Poi aveva annunciato una partnership con la società lussemburghese Motor Development International (MDI). L’obiettivo era mettere l’auto sul mercato nel 2015. Il primo Paese ad assistere a questa rivoluzione ecologica sarebbe stato Hawaii, grazie al franchisee Zero Pollution Motors.
Il progetto AirPod
Tata AirPod era stata pensata come un piccolo veicolo capace di ospitare tre adulti e un bambino al suo interno. La sua velocità massima stimata sarebbe stata di 80 km/h e avrebbe percorso al massimo circa 200 km. Il suo prezzo base sarebbe stato di 7.500 euro e sarebbe stata disponibile in due versioni: l’AirPod Standard e la Versione Baby, guidabile dai soli possessori della patente A. Il progetto prevede che AirPod sia realizzata con materiali ecosostenibili come la fibra di vetro e la resina poliestere. Questi materiali uniscono il basso impatto ambientale alla sicurezza. Infatti la vettura in fase di test aveva dimostrato una capacità di assorbimento dell’urto da due a quattro volte superiore rispetto a un veicolo tradizionale. Per fare il pieno gli automobilisti avrebbero dovuto cercare delle speciali stazioni di aria compressa. Questo avrebbe portato a creare infrastrutture innovative, simili a quelli in cui oggi si caricano le batterie elettriche o si fa il pieno alle auto a idrogeno.
Come funziona il motore ad aria compressa
Il motore ad aria compressa, noto anche come motore pneumatico, compie un lavoro meccanico sfruttando l’espansione dell’aria, incamerata nel serbatoio. Converte poi l’aria compressa in lavoro meccanico, attraverso un movimento lineare o rotativo. L’aria compressa esce dai serbatoi a una pressione di circa 300 bar. L’espansione dell’aria viene quindi utilizzata per muovere un pistone o una turbina, collegati a un albero. Non si tratta di una recente invenzione: diversi esperimenti sono stati condotti su questa tecnologia già diversi secoli fa. Questo tipo di motore è oggi diffuso in attrezzature portatili.
Auto ad aria compressa: le ragioni di un flop
Benché si tratti di un veicolo completamente ecologico, l’auto ad aria compressa non ha caratteristiche tali da soddisfare le esigenze automobilistiche quotidiane. In primo luogo, l’aria compressa non è abbastanza densa da assicurare una lunga riserva di energia. In più, questa tecnologia appare del tutto sopravanzata dalle più comuni auto elettriche. Alcuni sostengono che le auto ad aria compressa siano state ostracizzate dalle grandi industrie produttrici di veicoli a petrolio, ma la teoria più plausibile sul flop è legata alle grandi difficoltà di sviluppo delle vetture. I costi sono molto elevati e i prototipi finora realizzati non sono risultati all’altezza.
L’auto made in Sardegna
La MDI aveva già offerto in concessione la sua tecnologia alla Swiss Company Catecar, ma l’azienda aveva abbandonato il progetto per puntare sull’auto elettrica. Così la partnership con Tata si era rivelata quanto mai provvidenziale. C’era già anche lo stabilimento in cui produrre AirPod: Air Mobility. L’azienda di base a Bolotana, provincia di Nuoro, è una società di professionisti e imprenditori che aveva deciso di entrare a far parte del gioco. Le previsioni di produzione avevano annunciato l’uscita di 2.000 pezzi all’anno. Ma la tecnologia del motore e i tempi di rifornimento presso distributori che non esistono, hanno portato i tecnici a temporeggiare. La MDI si è rimessa al lavoro per studiare altre applicazioni con motori di diverse dimensioni e potenza. Siamo nel 2016 e nessun esemplare AirPod ha visto la luce. Tutti segnali che fanno pensare a un business che sembra essersi progressivamente sgonfiato.
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