ghiacciai alpini
Cambiamento climatico

I ghiacciai alpini potrebbero scomparire del tutto entro la fine del secolo

Non è certamente una novità: il cambiamento climatico in corso sta minacciando sempre più fortemente i ghiacciai alpini. Alcune distese di ghiaccio che in passato ricoprivano le quote più alte delle montagne europee sono del resto già scomparse, mentre le altre hanno perso enormi porzioni. Dati alla mano, guardando alle proiezioni future, diversi scienziati hanno già pronosticato la scomparsa totale dei ghiacciai alpini entro la fine del secolo. Più nel dettaglio, a fronte di un possibile riscaldamento globale di 2,7 gradi centigradi (sapendo che la soglia da non superare assolutamente sarebbe di 1,5°) si prevede la perdita del 100% della copertura glaciale. Ma, per l’appunto, sono tanti i giganti bianchi che versano già oggi in condizioni terribili, in una lunga agonia che sembra irreversibile: vediamo quali sono i dati aggiornati della quinta edizione di Carovana dei ghiacciai, la campagna internazionale organizzata da Legambiente in collaborazione con CIPRA ITALIA con la partnership scientifica del Comitato Glaciologico Italiano.

Lo stato dei ghiacciai italiani

A partire dagli anni 2000 lo scioglimento dei ghiacciai alpini è diventato particolarmente veloce. Lì dove c’erano distese ghiacciate, ora spesso si trovano solamente massi e detriti, in una trasformazione totale di questi ecosistemi d’alta e d’altissima quota. Cosa che, tra l’altro, ha reso le nostre vette meno stabili, per via delle più frequenti frane.

Dal 5 al 9 settembre, la Carovana dei ghiacciai ha preso in esame 12 ghiacciai alpini, dei quali 10 in Italia e 2 all’estero. Si è constatato così, per esempio, che il ghiacciaio della Mer Del Glace sul Monte Bianco, indicato come il tetto d’Europa nonché come il re delle Alpi, ha perso in tutto 300 metri di spessore negli ultimi 174 anni. Altrove va peggio: il ghiacciaio di Flua, sul Monte Rosa, è del tutto estinto, con l’ultimo lembo di ghiaccio scomparso nel 2017. E si pensi che nell’Ottocento quella distesa di rocce era coperta da un mare di ghiaccio, ampio quanto 112 campi di calcio. Altri ghiacciai della stessa zona sono via via sempre più piccoli, con arretramenti che hanno superato i 600 metri.

O si pensi per esempio ai ghiacciai alpini della Valpelline, in Valle D’Aosta. Rispetto alla sua posizine misurata nel 1850, ora il fronte bianco si trova 7 chilometri più in là. Guardando al solo ghiacciaio delle Grand Murrailes, dal 2005 a oggi la riduzione è stata di 1,3 chilometri lineari, con il fronte che si è spostato 500 metri più in su.

Gli esperti di Legambiente sono rimasti inoltre sbalorditi dalla velocità del ritiro del ghiacciaio di Fellaria, il terzo più grande ghiacciaio della Lombardia. Rispetto al 1850 ha perso quasi il 50% della propria superficie, dando peraltro vita a un lago proglaciale, che si presenta oggi grande come 30 campi da calcio.  

Per capire quale sia la velocità di arretramento dei ghiacciai alpini è possibile guardare a quello della Marmolada: qui ci sono picchi di perdita di spessore a breve termine che arrivano a un ritmo di ben 7 centimetri al giorno. Questo ghiacciaio ha registrato dal 1888 una perdita areale superiore all’80%, e una perdita volumetrica superiore al 94%. Si stima che la Marmolada debba sparire del tutto entro il 2040, stessa sorte che spetta peraltro al ghiacciaio dell’Adamello e dei Forni, insieme a tutti gli altri ghiacciai alpini posti sotto i 3.500 metri.

L’urgenza di una governance europea e internazionale dei ghiacciai

Di fronte a queste misurazioni, Legambiente chiede nuovamente di intervenire per salvare i ghiacciai alpini, ribadendo l’urgenza di una governance internazionale dei ghiacciai e una tempestiva applicazione di politiche mirate per contrastare il loro arretramento. Il documento da cui partire potrebbe essere proprio il Manifesto per una governance dei Ghiacciai e delle risorse connesse, sviluppato da Legambiente.