Architettura vivente: quando gli edifici sono realizzati con alberi vivi
Gli edifici in legno stanno riscuotendo sempre più successo nel settore del green building per la loro sostenibilità. Oltre ad essere un materiale naturale e a-tossico, il legno è infatti anche in grado di catturare ingenti quantità di anidride carbonica, imprigionandola al suo interno. Ma se ci si spingesse oltre, progettando edifici che riescano non soltanto a non sprigionare CO2 ma a assorbirla in modo attivo per rafforzare la loro struttura? E’ ciò che fa l’architettura vivente, di cui l’architetto e botanico tedesco Ferdinand Ludwig è uno dei principali esponenti.
Baubotanik: alberi viventi integrati agli edifici
E’ proprio Ludwig ad aver coniato il termine Baubotanik, con cui ci si riferisce a un metodo costruttivo innovativo che prevede la realizzazione di opere dove gli alberi vivi si integrano perfettamente ai classici materiali costruttivi. Un’architettura vivente che inaugura un nuovo rapporto con il mondo naturale, rompendo i canonici limiti che separano la natura dalla tecnica.
Il lavoro dell’architetto è frutto di anni di studio, a partire dall’osservazione di tecniche costruttive ancestrali, come quelle applicate da alcune tribù indiane, dove le radici aeree degli alberi di fico venivano utilizzate, facendole crescere in modo tale da realizzarne dei ponti viventi per l’attraversamento dei fiumi. La ricerca di Ludwing è partita da qui per arrivare molto oltre, con la realizzazione di edifici e infrastrutture in perfetta simbiosi con alberi e piante.
La natura si fonde al costuito
Come si intuisce già dal nome, la Baubotanik utilizza gli elementi naturali ma è previsto un intervento dell’uomo che, attraverso lavori di innesto, potatura e modellazione, riesce a dar vita a un’architettura vivente dove la natura si fonde al costruito. Incorporando un componente vegetale all’armatura metallica e agli altri materiali da costruzione, è possibile realizzare un edificio vivo, che respira e che cresce nel tempo.
Man mano che gli alberi invecchiano, le loro articolazioni fuse alla struttura edilizia continuano a rafforzarsi, fornendo un ulteriore supporto per il carico.
Baubotanik Tower, il primo esperimento di architettura vivente
Non tutte le specie arboree sono ad ogni modo adatte a questo tipo di edifici viventi. E’ necessario che gli alberi siano flessibili, vigorosi e che abbiano delle cortecce sufficientemente sottili da poter essere facilmente innestate. Fra le specie più indicate troviamo salici, platani, pioppi, betulle e carpini.
La tecnica di architettura vivente è ancora un work in progress. All’inizio, i progettisti utilizzavano principalmente i salici, per la loro capacità di crescere molto rapidamente. Ne è un esempio uno dei primi lavori completati dal team di Ludwig, la Baubotanik Tower, un edificio prototipale con cui la tecnica costruttiva innovativa è stata testata e sdoganata, dove erano stati utilizzati esclusivamente salici. Le forti grandinate unite a delle infezioni fungine hanno però dimostrato la fragilità della pianta, che è marcita nei punti di connessione con gli elementi tecnici.
Platanenkubus, l’edificio vivente più grande
Sebbene le problematiche siano state risolte e la torre è ancora viva e vegeta, da quel momento in poi, l’architetto ha scelto di non usare più i salici come elemento costruttivo, preferendo altre specie come il platano. Sono proprio i platani a comporre quello che è attualmente il più grande progetto di Baubotanik, il Platanenkubus.
Costruito nel 2012 a Nagold, in Germania, in occasione della Landesgartenschau, un’esposizione di orticoltura regionale, il Platanenkubus è una struttura su più piani che incorpora al suo interno più di 1000 platani, ricoprono e sostengono le strutture in acciaio. Il risultato è un edificio vivente, all’interno del quale si ha la sensazione di trovarsi in un bosco, tra il fruscio delle foglie, il fresco e l’odore della vegetazione e il fascino di una struttura che muta in base alle stagioni.
Architettura vivente come antidoto ai cambiamenti climatici
La Baobotanik potrebbe aprire la strada a un’edilizia veramente sostenibile. A differenza degli edifici in legno (morto), l’architettura vivente continua a ‘svolgere il suo lavoro’: combatte l’erosione del suolo, fornisce ossigeno e riduce il deflusso delle acque piovane attraverso le radici degli alberi. Insomma, più di ogni altro progetto di bioedilizia, l’architettura vivente potrebbe essere la risposta alle esigenze di resilienza, di riduzione delle emissioni inquinati e di contributo alla purificazione dell’aria. Inoltre, creando degli ambienti interni freschi, gli edifici viventi potrebbero essere un valido alleato nella riduzione dei consumi energetici legati al raffrescamento.
Per architetti botanici
I benefici dell’architettura vivente sono molti, ma è una tecnica che necessita una grande preparazione e conoscenza. Le metodologie di progettazione devono in questo caso derivare dalle regole della botanica, che qualsiasi architetto di baobotanik deve necessariamente conoscere approfonditamente, altrimenti il rischio che le piante non rispondano come previsto o che addirittura muoiano è alto.
Lavorare con la natura, e non contro
E’ difficile prevedere gli sviluppi di questa tecnica innovativa e ipotizzare se prenderà mai realmente piede nel mondo dell’edilizia. Certo è che la baobotanik ci insegna che soltanto recuperando un rapporto con la natura si possono compiere dei reali passi in avanti per un futuro più sostenibile.
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