Ambiente e turismo: strategie che l’Australia fatica ad applicare
Uno su undici posti di lavoro è generato dal settore turistico, che partecipa con il 7% alle esportazioni mondiali e pesa con il 10% sul PIL mondiale, se “ben progettato e gestito” può favorire la crescita economica, l’inclusione sociale e la protezione dei beni culturali e naturali. Inoltre, dato il suo stretto legame con l’ambiente, il turismo deve tener conto della crescente preoccupazione in ambito climatico la cui sfida non può essere affrontata senza politiche inclusive. Promuovere una strategia coerente che accoppi i vantaggi dell’aumento del flusso turistico senza per questo accantonare gli obiettivi sostenibili elencati nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, costringe allora i governi a ripensare il settore nel contesto più ampio di una dinamica positiva tra ambiente e turismo.
Infatti, l’industria del turismo dipende fortemente dall’equilibrio climatico. Le condizioni meteorologiche e gli eventi estremi ad esempio, influenzano la scelta della destinazione, così come la tutela della biodiversità, l’accesso alle risorse primarie e le condizioni ambientali che possono favorire o meno la diffusione di malattie. Sfruttando il legame tra ambiente e turismo, si può instaurare un ciclo virtuoso che sensibilizzi la popolazione sulle scelte e sui comportamenti da adottare, partecipando indirettamente all’applicazione di misure di adattamento e mitigazione che costringano a loro volta i governi a esporsi maggiormente nelle decisioni globali.
L’esempio australiano e il fallimento della politica fino ad ora
La Grande Barriera Corallina, patrimonio UNESCO, è uno degli ecosistemi più ricchi del Pianeta e nonostante questo, si sta lentamente spegnendo. Recenti studi hanno confermato che tra il 2016 e il 2017, la Barriera Corallina ha raggiunto un record infelice: il 30% dei coralli sono morti durante la prima fase e il 20% nella seconda ondata di sbiancamento. Mentre la parte meridionale della Barriera risulta meno danneggiata, altri tratti hanno perso il 90% dei coralli, innescando un effetto a cascata per il quale a risentirne è stata anche la fauna e la flora dell’oceano, duramente colpite dagli effetti del cambiamento climatico.
La Barriera Corallina è solo un esempio per evidenziare come l’urgenza di una transizione energetica che rispetti l’ambiente e protegga un patrimonio mondiale dovrebbe essere sul tavolo del governo australiano. Ma non è così.
Un recente studio condotto dall’Università Queensland University of Technology, in collaborazione con la Griffith University e la James Cook University, ha analizzato 477 documenti sulla politica per il turismo, per rispondere alla domanda che dà il titolo alla ricerca: le strategie turistiche australiane hanno incluso i cambiamenti climatici nelle loro decisioni?
Il documento, pubblicato su Journal of Sustainable Tourism, rivela che solo il 21% delle scelte in ambito turistico del governo australiano menzionano il cambiamento climatico.
“Nonostante il turismo muova miliardi di dollari nella nostra economica e ignorando gli ultimi studi che hanno fatto chiaro come il settore incida pesantemente sull’accelerazione del processo climatico, solo cinque delle strategie da noi analizzate (1% dell’intera documentazione) hanno riconosciuto l’impatto del settore turistico sull’ambiente” afferma la Dottoressa Char-lee Moyle, co-autrice della ricerca.
Anche analizzando i cambi di direzioni dei partiti politici al potere dal 2000-2014, il gruppo ha notato come le strategie turistiche si siano focalizzate sempre più sull’adattamento che sulla mitigazione, componente invece essenziale nell’agenda ambientale.
“Spesso alcune delle strategie affrontano il cambiamento climatico in modo piuttosto generico – continua la co-autrice della ricerca – Alcune di esse riconoscono la minaccia all’industria turistica ma, in fin dei conti, nessun approccio globale è stato sviluppato.”
Infatti, nonostante lo stato del Queensland abbia elencato numerose possibili strategie, la maggior parte delle affermazioni prendono semplicemente atto della situazione. Ha saputo fare peggio il New South Wales, che non ha preso in considerazione il cambiamento climatico in nessuna delle decisioni politiche a livello statale negli ultimi 15 anni. Un altro dato significativo mostra come le strategie siano state eccessivamente focalizzate sulla percezione e la risposta dei consumatori ai cambiamenti climatici. Questo conferma che probabilmente l’industria del turismo australiano si basi maggiormente sul marketing elaborando una pianificazione tattica a breve termine, invece che a lungo termine.
Come dovrà cambiare la politica australiana per conciliare ambiente e turismo
Nonostante la ricerca si sia concentrata maggiormente sull’identificazione dei problemi, dai risultati emergono opportunità, sfide e strategie applicabili dall’industria del turismo per contribuire alla gestione sostenibile dei cambiamenti climatici. Le opportunità includono lo sviluppo di più prodotti “verdi”, mentre le strategie includono la creazione e/o la partecipazione a programmi di cambiamento climatico che coinvolgano le parti interessate, comprese la comunità locale, e il rafforzamento del dialogo sui cambiamenti climatici per favorire l’attuazione di pratiche sostenibili.
Secondo gli studiosi, le strategie sul cambiamento climatico a lungo termine potrebbero essere rese più solide. Da questa ricerca derivano allora due domande chiave che aprono a scenari futuri: come dovrebbe operare l’industria in condizioni di incertezza politica e in un contesto dinamico di politiche sui cambiamenti climatici? E come dovrebbe l’industria del turismo sfruttare al meglio le sue risorse limitate per affrontare il cambiamento climatico? Questioni su cui anche altri Paesi dovrebbero interrogarsi per sviluppare un approccio esaustivo che valorizzi sia l’ambiente che il turismo.
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