Agroforestazione: intensivizzazione sostenibile?
Quando si passeggia nelle aree di campagna rurali, magari ai margini dei piccoli paesi, ci può capitare di vedere qualche gallina razzolare tranquilla tra i vigneti. Uno scenario sicuramente piacevole da contemplare, ma la convivenza di animali da cortile e zone coltivate non è casuale, anzi ha uno scopo ben preciso e un nome ben preciso: agroforestazione o agroforestry.
Nonostante questa antichissima pratica contadina fosse naturale e scontata fino a non molti decenni fa, con l’arrivo delle monocolture del dopoguerra e il conseguente sfruttamento intensivo dei terreni è stata improvvisamente dimenticata.
Oggi però l’agroforestazione e quindi la convivenza tra animali e colture, colture e bosco, frutteti e ortaggi, si sta riaffacciando al mondo dell’agricoltura per alcuni essenziali motivi: mancanza di spazio coltivabile, risparmio di denaro, integrazione del reddito degli agricoltori e volontà di ottenere prodotti salutari nel pieno rispetto ambientale. Sinteticamente l’agroforestazione è un vero e proprio sistema di gestione agricola integrata.
L’agroforestazione sta tornando alla ribalta tanto da interessare anche le università e gli Enti di ricerca.
Per fare un esempio tutto italiano la Facoltà di scienze agrarie, alimentari e ambientali dell’Università di Perugia si sta occupando scientificamente di due convivenze particolari: quella delle oche nel vigneto e delle galline nell’uliveto.
Le oche nel vigneto
Le oche sono animali detti “pascolatori” in quanto scandagliano il terreno alla ricerca di erbe ed insetti; per questo motivo sono perfette tra i vigneti biologici nei quali rasano letteralmente l’erba tra le file facendo sì che il contadino non debba ricorrere alle pesanti falciatrici che richiedono tempo e carburante. Per incentivare il lavoro di questi simpatici animali vengono piantati tra le vigne anche grano ed orzo, cereali perfetti per integrare l’alimentazione dei pennuti: un triplice impiego dello stesso spazio.
Durante la giornata le oche spargono anche il loro guano, un concime biologico, gratis, e molto nutriente per la vigna… Sembra che il vino rosso ne tragga un particolare beneficio!
Ma come si fa a lasciare un’oca golosa tra i bassi tralci di vite con l’uva a portata di becco? Semplice, alla nascita le oche vengono nutrite con mangime biologico finché ad aprile, quando i germogli delle viti sono abbastanza maturi, legnosi e quindi meno appetibili, le oche vengono mandate al pascolo e ritirate a settembre quando l’uva inizia ad essere dolce e matura.
Le oche rappresentano un guadagno oltre che un risparmio: questi animali mangiano biologico e pascolano all’aria aperta in mezzo alla natura tutta la vita, la loro carne quindi è decisamente apprezzata dal consumatore per salubrità e magrezza.
Un esercito di pennuti
Una vera e propria attrazione del sud Africa è la tenuta Vergenoegd Wine Estate. Il lavoro nel vigneto di questa azienda vitivinicola è supportato da un esercito di ben 900 oche corritrici che tengono l’erba bassa tra le file cibandosi al contempo dei parassiti pericolosi per le vigne. Le oche qui sono talmente importanti da comparire nello stemma stesso della tenuta che produce un vino chiamato proprio Running Duck.
Non solo forza lavoro, questo esercito di pennuti è diventato una vera e propria attrazione per i turisti che due volte al giorno possono vedere la loro corsa dal recinto verso il pascolo tra i vigneti.
La Vergenoegd Wine Estate collabora altresì con il wwf in quanto la Running Duck, specie tipica di questo territorio, stava scomparendo a causa dall’azione umana: l’agroforestazione è anche un modo per conservare e reintrodurre la specie.
Le galline tra gli ulivi
Anche le galline possono apportare un notevole vantaggio agli agricoltori, ma questa volta tra gli ulivi. Qui infatti i polli tendono a cibarsi degli insetti nocivi, limitano la crescita delle erbe infestanti e dei cosiddetti polloni, e razzolando smuovono il terreno, ossigenendolo? Un vero e proprio toccasana per l’uliveto biologico: senza dover usare prodotti chimici, la gallina sembra procurare effetti decisamente positivi sulla diminuzione della cosiddetta mosca olearia, il flagello del buon olio italiano.
Anche in questo caso la carne delle galline allevate all’aperto tra gli ulivi è migliore, magra, e ricca di omega 3, ferro ed antiossidanti. In un ettaro di uliveto possono razzolare circa 1000 polli, tra uova e carne un bel guadagno extra per l’olivicoltore!
L’agroforestazione per un’agricoltura sostenibile
Animali e alberi da frutto dunque, ma a proposito della convivenza tra pianta e pianta? Adottando l’agroforestazione non è necessario avere un ettaro per le vigne e un ettaro per l’orto. Tra le file di alberi da frutto si possono piantare anche gli ortaggi a foglia larga o i legumi. Così facendo il frutteto nel periodo di riposo diviene sede per gli ortaggi invernali; una vera sinergia: alcune sostanze come l’azoto, rilasciato dalle radici dei legumi, contribuiscono ad arricchire il terreno di sostanze nutritive.
In Irlanda si sta invece riscoprendo il valore del bosco: se fino a qualche anno fa veniva raso al suolo per fare spazio ai campi, ora invece le macchie forestate stanno riprendendo piede per scelta. Le coltivazioni attorniate da alberi subiscono infatti meno danni durante le esondazioni: gli alberi possono rallentare l’ondata di piena e, con la loro rete di radici profonde ramificate, impediscono l’eccessivo dilavamento del terreno.
La sola presenza di cespugli attorno ad un campo può divenire inoltre sede di nidificazione degli uccelli autoctoni prevenendone la scomparsa e proteggendo la biodiversità del luogo.
L’ agroforestazione potrebbe quindi rappresentare l’alternativa ideale alle monocolture. Un uso intelligente del terreno porta ad un guadagno extra con il minimo sforzo per l’agricoltore ma non solo: questa agricoltura integrata permette la conservazione della biodiversità delle campagne, la diminuzione dell’uso di diserbanti pesticidi, una maggior salubrità del terreno e quindi cibi buoni e sani per il consumatore finale.
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