Zambia, Malawi e Zimbabwe hanno dichiarato lo stato di calamità per siccità
Sabato 23 marzo il Malawi è stato costretto a dichiarare lo stato di calamità per siccità. La decisione è stata presa in seguito a un lungo periodo senza precipitazioni, con il governo che non ha potuto fare altro che muoversi per cercare aiuti e assistenza a livello internazionale. Ad attivarsi in tal senso è stato anche il Dipartimento per gli affari di gestione dei disastri del Paese dell’Africa Orientale, il quale ha presentato ufficialmente la richiesta di contributi alla comunità internazionale, così da alleviare l’impatto della terribile siccità sulla popolazione. Va sottolineato che il Malawi non è stato il primo, in quella stessa zona dell’Africa, a dichiarare lo stato di calamità per siccità: poche settimane prima lo aveva fatto anche lo Zambia, che si trova immediatamente a ovest. E il 3 aprile un altro Stato dell’Africa Meridionale, incastonato tra Malawi e Zambia, ha fatto altrettanto: la stato di calamità nazionale per cause naturali è stato infatti dichiarato anche dal presidente dello Zimbabwe, Emmerson Mnangagwa.
Lo stato di calamità per siccità e il ruolo di El Niño
Stando a quanto dichiarato dal presidente Mnangagwa, in Zimbabwe 2,7 milioni di persone sono a rischio fame. Secondo le stime del governo, infatti, i raccolti di cereali risultanti da questa lunga siccità saranno sufficienti per sfamare poco più della metà della popolazione dello Stato africano. A peggiorare le cose c’è il fatto di non potersi rifornire presso i vicini Malawi e Zambia, a loro volta alle prese con un grave e persino precedente stato di calamità per siccità.
Scorrendo le cifre pubblicate dalla FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, le regioni agricole di Malawi, Zambia e Zimbabwe, così come quelle di Mozambico e Namibia, nel periodo compreso tra il novembre 2023 e il febbraio 2024 hanno registrato solamente l’80% delle precipitazioni medie del periodo. Questa prolungata siccità – che nel caso del Malawi ha colpito per esempio 23 dei 28 distretti – sarebbe causata prima di tutto da El Niño. Come è noto infatti questo fenomeno meteorologico presenta conseguenze differenti nelle diverse parti del mondo, portando in determinate aree temperature medie più alte e precipitazioni più scarse.
C’entra il cambiamento climatico?
Al momento della dichiarazione dello stato di calamità per siccità, il presidente del Malawi Lazarus McCarthy Chakwera aveva stimato il bisogno di più di 200 milioni di dollari per aiuti in assistenza umanitaria. Come anticipato, ad aggravare la situazione di insicurezza alimentare di questi stati africani è in particolar modo El Niño, il quale però interviene in uno scenario reso già di per sé complicato da un progressivo allungarsi dei periodi siccitosi, che nell’ultimo mezzo secolo sono diventati per l’appunto progressivamente più lunghi, coinvolgendo peraltro aree sempre più estese. Nel caso del periodo esteso di siccità che ha colpito il Corno d’Africa – impattando duramente nella vita di circa 50 milioni di persone – il ruolo del cambiamento climatico è stato dimostrato da uno studio del World Weather Attribution, il quale a sua volta confermava i dati del progetto Horn of Africa Drought Data Explorer, condotto dall’United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs. Gli stati africani, da parte loro, sono chiamati a mettere in campo strategie per fronteggiare questo stato di calamità per siccità come i futuri: il governo zimbabweano per esempio sta spingendo gli agricoltori a coltivare cereali più resistenti (tra tutti il sorgo), e parallelamente punta a velocizzare il completamento delle due dighe nella provincia del Mashonaland Centrale.
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