Achuar, la piccola tribù peruviana che ha battuto il colosso petrolifero
GLI ACHUAR CONTRO I MAGNATI DEL PETROLIO. Nessuno avrebbe potuto pronosticare la loro vittoria: la loro era una posizione alla Davide contro Golia, una sfida impossibile. Eppure, per una volta, il più debole ha vinto. È successo nella foresta amazzonica peruviana, dove la tribù indigena degli Achuar ha ingaggiato una battaglia legale contro il colosso del petrolio statunitense Occidental Petroleum, società che ha inquinato gravemente il territorio che si estende lungo le sponde del fiume Huasaga.
AVVELENATI DALL’INQUINAMENTO. Questa storia inizia nel lontano 1971, quando la Occidental Petroleum iniziò le trivellazioni in Perù, senza rispettare le norme nazionali. Le estrazioni della compagnia petrolifera, senza alcun rispetto per l’ambiente, hanno rilasciato nel terreno e nelle falde acquifere un’insostenibile quantità di cadmio, piombo ed arsenico. Queste sostanze, oltre a mettere a repentaglio l’ecosistema della foresta amazzonica peruviana, hanno minato la salute degli indigeni. Gli Achuar erano tra le ultime tribù della foresta amazzonica a vivere in totale armonia con la natura, senza alcun contatto con il mondo occidentale. Ovviamente questo incanto venne spezzato proprio dall’avvento della Occidental Petroleum. Oltre ad aver danneggiato gravemente l’ecosistema dal quale a tutti gli effetti gli Achuar traggono il proprio sostentamento, l’inquinamento ha purtroppo causato diversi morti, soprattutto nelle fasce più deboli della comunità, come anziani e bambini. Tra le testimonianze dei querelanti quindi non mancano purtroppo i racconti drammatici, come quello di Adolfina Garcia Sandi, che narra la morte orribile dei propri figli, uccisi per aver bevuto l’acqua del fiume contaminato: «noi non conoscevamo l’impatto dell’inquinamento, e la società petrolifera non ci ha mai avvertito del pericolo; i miei figli sono morti vomitando sangue».
LA PRIMA DI TANTE VITTORIE. Dopo un’estenuante disputa legale, gli Achuar hanno finalmente ottenuto un risarcimento economico, del quale non si conosce l’esatto ammontare. Questo non ripagherà il dolore patito dalla comunità, ma sottende in ogni caso un importante punto di svolta, essendo la prima volta in cui una società statunitense viene citata in un tribunale a causa dell’inquinamento provocato all’estero. Come ha dichiarato Marco Simons, il direttore legale della organizzazione noprofit EarthRights International che ha seguito il caso, «si è creato un precedente significativo per i casi futuri, ed è già stato citato in altri tribunali degli Stati Uniti».
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