Abusivismo edilizio: i dati 2023 di Legambiente
L’abusivismo edilizio porta solamente danni, per tutti. Costruire in modo selvaggio e sregolato significa continuare con la cementificazione del suolo, la quale va ad alterare la bellezza dei nostri territori e, soprattutto, li rende più fragili, più esposti. Gli edifici costruiti abusivamente, lì dove non è prevista nessuna costruzione, riducono il terreno a disposizione del deflusso dell’acqua; ecco che allora piogge abbondanti e violenti temporali possono portare più facilmente a delle alluvioni, sapendo peraltro che le case più soggette agli allagamenti sono quelle più vicine alle coste, o costruite in aree non adatte. E ancora, l’abusivismo edilizio riduce le aree verdi, togliendo habitat e piante capaci di trasformare l’anidride carbonica in ossigeno. A questo va aggiunto il fatto che spesso le case abusive sostituiscono foreste e alberi preziosi per prevenire smottamenti e frane. Insomma, l’abusivismo edilizio dovrebbe essere combattuto in modo concreto. Ma quante sono effettivamente le demolizioni degli edifici abusivi messe in campo a partire dal 2003, anno dell’ultimo sciagurato condono edilizio?
L’abusivismo edilizio in Italia
Va sottolineata prima di tutto una cosa: l’abusivismo è un fenomeno tutto italiano. Nei paesi del Nord questo concetto praticamente non esiste, mentre i nostri vicini di casa, come Spagna e Portogallo, hanno una politica votata all’intervento tempestivo per la demolizione degli edifici costruiti senza i permessi necessari. L’anomalia è invece qui, nel nostro Paese: si stima che l’abusivismo continui ad avanzare al ritmo di circa 20.000 immobili all’anno. Nel Meridione, ci dice Legambiente, sono costruite illegalmente 42,1 abitazioni su 100. E il fenomeno è in crescita: stando all’ultimo rapporto BES (Benessere Equo e Sostenibile) di Istat, realizzato in collaborazione con il Cresm, l’abusivismo edilizio è in aumento del 9,1%. Ma per quale motivo è presente una tale anomalia a livello italiano, praticamente un unicum a livello europeo? Legambiente spiega che «a frenare il processo di risanamento delle aree massacrate da decenni di anarchia urbanistica e illegalità è quella politica, locale e nazionale, ancora ostaggio di interessi a breve e brevissimo termine».
Le mancate demolizioni denunciate da Legambiente
Negli ultimi anni non si sono visti condoni, ed è ormai chiaro che la sensibilità collettiva nei confronti dell’abusivismo edilizio è cambiata: per ragioni di sicurezza, per ragioni ambientali, per la protezione del paesaggio. E di certo gli eventi meteorologici estremi degli ultimi anni, che talvolta si sono trasformati in orribili tragedie, hanno mostrato a tutti che l’abusivismo non è un “diritto a costruire”, quanto invece una piaga da debellare. Il problema però è che ad oggi si contano ancora pochissime demolizioni di edifici abusivi. Legambiente nel Rapporto “Abbatti l’abuso 2023” ha preso in considerazione le regioni maggiormente colpite dal mattone legale, ovvero Calabria, Campania, Sicilia, Puglia e Lazio, non a caso stabilmente ai primi posti nella classifica del Rapporto Ecomafia. Ebbene, tra il 2004 e il 2022, in queste 5 regioni è stato stabilito l’abbattimento di 70.751 immobili, posizionati in 485 Comuni differenti: solamente il 15,3% di queste demolizioni è però stato eseguito. Le ordinanze di demolizione sono mediamente maggiori nei comuni costieri, e soprattutto nelle isole minori, dove si registra un abuso ogni 12 abitanti; va però detto che nelle isole minori si demolisce qualcosina di più (si parla di un tasso del 20,55%). Spostando lo sguardo nei 7 municipi di Roma, si scopre che solamente 323 delle 2.676 ordinanze di abbattimento sono state eseguite, pari al 12,2%.
Le proposte al governo
A partire dai dati raccolti, Legambiente avanza diverse richieste al Governo Meloni. A partire dalla prima domanda, ovvero «più ruolo e responsabilità ai prefetti, restituendo il senso originario all’art.10bis della Legge 120/2020, se necessario, anche con un nuovo intervento legislativo».
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