Expo Milano: Greenpeace contro l’agricoltura industriale
UN INUTILE PEZZO DI CARTA. Il dirigibile di Greenpeace ha sorvolato nei giorni scorsi i cieli di Milano, soffermandosi in particolare sopra la zona della fiera e di Expo. Sul dirigibile era esposto il messaggio: “L’agricoltura industriale fa male al pianeta, invertiamo la rotta”. Diverse sono state le polemiche che hanno investito nei mesi scorsi l’evento milanese. Sul banco degli imputati, in particolare, la scelta di avvalersi di sponsor come McDonald’s, ritenuti poco in linea con il tema della manifestazione: “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Il 4 e 5 giugno è stata presentata la “Carta di Milano”, il documento che aspira a diventare l’eredità di Expo 2015. Questo però, secondo il responsabile campagna e agricoltura sostenibile di Greenpeace Italia, Federica Ferrario, «non sarà altro che l’ennesimo e inutile “pezzo di carta” se in Europa e nel mondo si continuerà a finanziare il sistema agricolo industriale, a scapito di pratiche veramente sostenibili».
CAMBIAMO ROTTA. I dati riportati da Greenpeace dicono che ogni ora vengono disseminate sul pianeta 269 tonnellate di pesticidi. Proprio con l’obbiettivo di invitare le persone a unirsi per costruire un sistema sostenibile per la produzione del cibo, è nato il progetto So Cosa Mangio!. «Mentre Expo dovrebbe interrogarsi sul futuro dell’agricoltura e della produzione alimentare, molti agricoltori vorrebbero già adottare pratiche agricole più sostenibili, ma sono ostacolati da un sistema economico che rende estremamente difficile abbandonare la dipendenza dalle sostanze chimiche, costose e inquinanti, su cui si basa l’attuale modello agricolo industriale. A causa dei suoi impatti devastanti, ormai riconosciuti da molti scienziati, Greenpeace esorta i ministri presenti all’Expo a promuovere un deciso cambio di rotta, indirizzando politiche e sussidi destinati all’agricoltura a sostegno di un modello di produzione del cibo veramente sostenibile», si legge nel comunicato dell’associazione ambientalista.
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