Allarme dighe: uccidono gli ecosistemi
CAMBIAMENTI REPENTINI. Negli anni ’50 il numero di dighe presenti sul pianeta era dieci volte inferiore a quello attuale. Oggi ben 50.000 dighe interrompono il corso dei più grandi fiumi del mondo, modificando in maniera sostanziale gli ecosistemi idrologici e non dando agli animali il tempo di adattarsi ai nuovi habitat. I bacini artificiali e il contenimento dei fiumi, oltre all’inquinamento, hanno portato numerose specie sul ciglio dell’estinzione. Negli ultimi vent’anni in nord America, il numero di specie di pesci d’acqua dolce a rischio è raddoppiato, passando da 350 a 700. I bacini artificiali intercettano il 35% del flusso dei fiumi, intrappolando quei sedimenti fertili che fino a non molti secoli fa concimavano il terreno. Alcuni grandi corsi d’acqua come il Nilo, l’Indo e il Colorado sono stati così pesantemente modificati che solo una parte delle acque riesce a raggiungere lo sbocco al mare.
STATE OF THE WORLD’S RIVERS. A causa di una situazione ormai così allarmante l’International Rivers, una organizzazione no profit che monitora lo stato di salute dei fiumi, ha ideato State of the World’s Rivers, un programma di check-up dei 50 principali bacini fluviali del pianeta. Gli indicatori di salute dei fiumi sono stati raggruppati in tre categorie: frammentazione del flusso, biodiversità e qualità dell’acqua. Stando a questi parametri, i corsi d’acqua che stanno peggio sono il Danubio, l’Indo, il Godavari, il Tigri e l’Eufrate, il Volta e il Fiume Giallo, mentre quelli che presentano ancora un buon livello di biodiversità ma devono essere salvaguardati, sono il Rio delle Amazzoni, il Congo, il Mekong, l’Orinoco, il Paranà, il Tocantins, lo Yangze e lo Zambezi. Secondo le stime infatti saranno 9 mila le dighe costruite nel sud del mondo entro il 2050.
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