Neurospora intermedia: la muffa contro lo spreco alimentare
Agricoltura

Neurospora intermedia: la muffa contro lo spreco alimentare

Si stima che circa il 14% del cibo prodotto venga perso o compromesso ancora prima della vendita; un altro 17% verrebbe invece sprecato dopo essere stato messo in vendita. Al di là dei costi enormi di questo fenomeno, è da considerare anche che per dietro alla produzione di questo alimenti che non verranno mai consumati c’è una quantità enorme di emissioni di gas a effetto serra: si calcola circa l’8-10% delle emissioni globali. Si capisce quindi che sia continua la ricerca di metodi per ridurre lo spreco di cibo, con le più diverse tecniche, a livello di logistica, di sensibilizzazione, di conservazione e via dicendo.  Una tecnica particolarmente stravagante, proposta da un biologo esperto di funghi dell’Università della California – Berkeley, Vayu Hill-Maini, prevede l’utilizzo di una muffa, chiamata Neurospora intermedia. Ma in che modo una muffa potrebbe ridurre lo spreco alimentare?

Le peculiarità della Neurospora intermedia

Di solito quando pensiamo al binomio cibo e muffa non facciamo riferimento a nulla di buono. Anzi, quando un alimento si ricopre di muffa è tendenzialmente da considerarsi compromesso, e quindi da buttare. Il caso della Neurospora intermedia è però del tutto particolare. Questo fungo arancione è ghiotto dei residui di prodotti vegetali che per noi umani non sono direttamente consumabili. Per fare un esempio, la Neurospora intermedia è già utilizzata nella tradizione culinaria indonesiana per preparare un alimento basilare come l’oncom: si tratta del risultato della fermentazione degli avanzi della produzione del latte di soia e dell’olio di arachidi. Per realizzare il latte di soia, infatti, la polpa dei fagioli viene scartata; grazie alla fermentazione torna a essere utilizzabile.

Come la muffa (giusta) trasforma il cibo

Ma cosa fa la Neurospora intermedia al cibo di scarto? Crescendo e diffondendosi su un alimento, riesce ad alternarne il sapore, il tutto senza produrre delle tossine. E anzi, come descritto da Vayu Hill-Maini in un articolo su Nature Microbiology, i sapori che vengono aggiunti dalla soia sono estremamente interessanti, tanto da aver già incuriosito diversi chef. Lo stesso Hill-Maini, del resto, ha un passato in cucina. Un test fatto su 61 volontari (danesi) ha previsto l’assaggio dell’oncom: le “cavie” hanno ravvisto nel cibo delle note e dei profumi simili a quelli delle nocciole e dei funghi.

Tutto nascerebbe dalla capacità della Neurospora intermedia di digerire pectina e cellulosa, due zuccheri che il nostro organismo, da solo, non riesce a processare. E non si parla solo di nuovi sapori: i cibi che vengono fermentati con questo fungo al termine del processo presentano un apporto proteico più elevato.

Un test è stato fatto per esempio con un budino di riso senza zucchero: dopo aver colonizzato l’alimento, la Neurospora intermedia lo ha trasformato in qualcosa di nuovo, visibilmente simile al formaggio, con un sapore a metà strada tra la banana e l’ananas.

Come sfruttare questa muffa per ridurre lo spreco di cibo

Ora resta da capire come sfruttare la Neurospora intermedia per ridurre gli sprechi alimentari. L’ipotesi è quella di utilizzare questo fungo per ridare vita agli scarti alimentari pre-vendita, e quindi tipici dei processi di lavorazione di diversi cibi. In questi casi la muffa dovrebbe essere fatta intervenire prima della marcescenza degli scarti, per dare nuovo corso a questo prodotti.