Qualità dell’aria in UE: migliora, ma sempre oltre i limiti
L’Ispra definisce l’inquinamento atmosferico come la presenza nell’aria di una o più sostanze in una concentrazione tale da produrre potenzialmente degli effetti negativi. Le sostanze nocive possono essere le più differenti, dalla formaldeide al monossido di carbonio, per arrivare a varie forme di particelle liquide o solide sospese e disperse nell’aria. Visti gli effetti estremamente avversi che l’inquinamento atmosferico può avere sulla nostra salute, da anni a livello nazionale e internazionale viene monitorata regolarmente la qualità dell’aria: come è noto l’Italia, con il bacino padano, risulta tra le aree più inquinante a livello europeo, in particolar modo per quanto riguarda il particolato PM10 e PM2.5. Ma com’è la situazione attuale della qualità dell’aria in UE?
La qualità dell’aria nell’UE sta migliorando
Alcuni giorni fa l’European Environment Agency (EEA) ha presentato un breve rapporto – Europe’s air quality status 2024 – in cui fa il punto sulla qualità dell’aria in UE. C’è un dato decisamente positivo, ovvero quello che dimostra che, da un punto di vista complessivo, la qualità dell’aria in UE sta migliorando. Peccato che questa assunzione di base viene offuscata da tutte le considerazioni successive: di fatto il primo dato positivo è dato unicamente dai dati drammatici relativi all’inquinamento atmosferico in Unione Europea negli anni passati.
Gli standard a cui guardare: quelli europei e quelli dell’OMS
Gli standard da rispettare sulla qualità dell’aria nell’UE come nel resto del mondo non sono scritti su pietra, e sono anzi in continua evoluzione. Gli standard europei attualmente in vigore non sono particolarmente ambiziosi, e proprio per questo è prevista la loro sostituzione con dei limiti più stringenti, così come deciso nel 2024, che dovrebbero entrare in vigore nel 2030. Nonostante ciò, non tutti i Paesi ad oggi riescono a rispettarli. Detto questo, rispetto agli Standard UE, l’1% della popolazione urbana è esposto a concentrazioni eccessive di PM2.5, il 9% di PM10, il 19% di O3, il 13% di BaP, e via dicendo. La situazione cambia però diametralmente se si prendono in considerazione, in luogo degli standard europei, le linee guida dell’OMS: ecco che allora l’esposizione al PM2.5 arriva al 96%, quella al PM10 all’83%, quella all’O3 al 94%, quella al BaP al 65%, e via dicendo. Guardando quindi la qualità dell’aria in EU attraverso i filtri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la quasi totalità delle persone che vivono nelle aree urbane è stata esposta a livelli eccessivi di PM2.5, e quindi a una concentrazione superiore ai 5µg/m3.
I pericoli legati all’inquinamento atmosferico
Attualmente si stima che proprio l’inquinamento atmosferico rappresenti il maggiore rischio per la salute di chi abita in Unione Europea. Una bassa qualità dell’aria in UE è infatti strettamente connessa con l’aumento del rischio delle malattie cardiovascolari e respiratorie, problemi che nei migliori dei casi si limitano a compromettere la qualità della vita, e che nei casi peggiori possono portare a patologie mortali. L’obiettivo della Commissione Europea è quello di ridurre entro il 2030 almeno del 55% le morti premature causate dal particolato fine rispetto ai dati del 2005. Per raggiungere questo obiettivo è fondamentale ridurre il ricorso ai combustibili fossili per il trasporto, per le attività industriali e per il riscaldamento domestico; parallelamente, è necessario ridurre anche le emissioni di ammoniaca da ricondurre all’agricoltura, che hanno un ruolo importante nell’aumentare il particolato presente nell’aria.
(Foto di Markus Spiske su Unsplash)
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