Cosa prevede la Nature Restoration Law
Non molte settimane fa, alcuni Paesi europei – tra i quali Germania, Francia e Italia – sono stati scossi da quelle che sono state definite come le “proteste degli agricoltori”. Di fatto, a partire da gennaio, ci sono state in più occasioni delle manifestazioni organizzate da attivisti e da associazioni del settore, volte a criticare le politiche agricole europee e alcune iniziative normative in campo ambientale. Nel concreto le proteste hanno avuto la forma di “blocchi” di strade e di caselli autostradali effettuati con decine e decine di trattori. Accanto ad alcune richieste piuttosto precise, gli agricoltori hanno avanzato anche richieste molto generiche, definite talvolta pretestuose: in effetti quello agricolo è un tema enorme, e sono tantissimi gli aspetti che possono essere considerati. Quel che è certo è che le proteste contro le norme europee della Politica agricola comune stanno influenzando negativamente anche il percorso normativo che dovrebbe portare all’approvazione della Nature Restoration Law. Una legge quest’ultima – traducibile come Legge per il ripristino della natura – che mira a difendere gli ecosistemi europei, e che lunedì 25 marzo sarebbe dovuta essere sottoposta al voto del Consiglio dell’Unione Europea: all’ultimo minuto, di fronte alla previsione certa di una sconfitta, il voto è stato però rimandato. Ma cosa prevede nel concreto la Nature Restoration Law? E per quale motivo sono così tanti i Paesi e i partiti contrari?
Cosa prevede la Nature Restoration Law
Possiamo dire che la Nature Restoration Law che è stata presentata Consiglio dell’Unione Europea (che è bene ricordare, è l’organo che detiene il potere legislativo in Europa insieme al Parlamento) è una versione “diluita” del testo originale della Nature Restoration Law così come era stata pensata all’inizio, presentata alla Commissione Europea nel 2022. L’obiettivo principale della Legge per il ripristino della natura è quello di tutelare una fetta crescente del territorio europeo; più nello specifico, mira a porre sotto tutela il 20% della superficie terrestre e delle aree marine dell’Unione Europea entro il 2030, per poi estendere via via questo regime speciale a tutti gli ecosistemi. Di fatto, la tutela si tradurrebbe prima di tutto nel divieto di sfruttare le aree indicate a fini commerciali. Per via delle critiche raccolte fin da subito da diversi partiti, la norma ha subito nel tempo tanti cambiamenti: l’obiettivo principale è il medesimo, ma gli obiettivi specifici pensati per la tutela delle foreste, delle zone agricole e dei centri abitati sono via via stati annacquati, con degli obblighi che sono stati rivisti al ribasso o del tutto eliminati. Ed è per l’appunto questa versione rivista che doveva essere votata al Consiglio: la coscienza di non avere a disposizione una maggioranza, però, ha portato come anticipato al rinvio del voto (dopo che il Parlamento europeo il mese scorso aveva visto l’approvazione della Nature Restoration Law con 329 voti favorevoli, 275 contrari e 24 astenuti).
Il rischio dietro alla mancata approvazione di questa legge europea sull’ambiente
Anche per via delle citate proteste degli agricoltori, sono tanti i Paesi europei i cui governi sono apertamente contrari all’approvazione della legge. Si parla di Austria, Paesi Bassi, Svezia, Finlandia, Belgio, Polonia, Ungheria e sì, anche dell’Italia: il nostro ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, per esempio, è contrario per via delle potenziali conseguenze negative per l’agricoltura. A tifare per l’approvazione ci sarebbero invece Paesi come Germania, Francia e Spagna. Con i numeri attuali, è difficile che si possa arrivare all’approvazione della Nature Restoration Law prima della fine della legislatura. E se i pronostici sono corretti, dopo il voto crescerà nettamente il potere dei partiti conservatori, rendendo del tutto improbabile l’approvazione di questa legge ambientale. Di certo, come hanno osservato in molti, l’incapacità dell’Unione Europea di accordarsi su una legge di questo tipo mette in dubbio le reali possibilità di questa istituzione di poter contribuire concretamente al contrasto dei cambiamenti climatici e alla tutela della biodiversità.
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