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Cambiamento climatico

La crisi climatica secondo la Banca Mondiale


Sul sito ufficiale della Banca Mondiale è riportato per intero il discorso del presidente Ajay Banga – alla guida dell’istituto internazionale fin da febbraio 2023 – in occasione della riunione plenaria annuale della World Bank, che si è tenuta per l’appunto il 23 ottobre. Le parole di Banga sembrano indicare un cambio di passo da parte della Banca Mondiale per quanto riguarda la lotta alla crisi climatica: il presidente ha spiegato che «ci troviamo di fronte ad un declino dei progressi nella lotta contro la povertà, a una crisi climatica esistenziale, all’insicurezza alimentare, alla fragilità, ad una ripresa pandemica alle prime armi, senza dimenticare gli effetti dei conflitti al di là del fronte». Banga ha quindi parlato di una «tempesta perfetta di sfide intrecciate e complessità geopolitica». Ad attirare l’attenzione tra le altre cose è stata la definizione della crisi climatica, che dal punto di vista della Banca Mondiale sarebbe per l’appunto “esistenziale”. Proprio da questo presupposto prende forma un ampliamento dell’impegno dell’istituzione nella battaglia al climate change, sapendo peraltro che la World Bank è stata costituita proprio per combattere la povertà, la quale può aumentare iperbolicamente per via dei cambiamenti climatici. Prima di vedere in che modo la Banca Mondiale desidera muoversi per raggiungere i propri obiettivi vale però la pena ricordare le critiche mosse negli ultimi anni a questa agenzia delle Nazioni Unite.

Le lacune e le ombre della finanza climatica della Banca Mondiale

A una prima occhiata sembrerebbe non esserci nulla da rimproverare alla Banca Mondiale nel suo atteggiamento nei confronti della crisi climatica. L’istituzione eroga infatti enormi finanziamenti ai Paesi in via di sviluppo, somme che per l’appunto vengono indicate come di somme di denaro messe a disposizione per la “finanza climatica”. Si parla cioè di investimenti per la mitigazione delle emissioni di gas a effetto serra e per l’adattamento ai cambiamenti climatici. E quanto a finanza climatica la Banca Mondiale starebbe facendo persino più di quanto programmato: si è impegnata nel dedicare al clima almeno il 35% dei propri finanziamenti, ma l’anno scorso ha toccato infatti quota 36%. Purtroppo, come hanno fatto notare i centri di ricerca The Breakthrough Institute e Center for Global Development, centinaia di progetti etichettati come climatici e finanziati dalla World Bank sembrano avere poco a che fare sia con l’adattamento che con la mitigazione; dati alla mano, ci sono 15 miliardi di dollari che sono stati stanziati per progetti attinenti al clima per meno del 20% del loro valore, riguardanti cioè tematiche che hanno ben poco a che fare con il clima.

La World Bank sta finanziando i fossili?


Diversi studi hanno cercato di fare luce sulla finanza climatica messa in atto dalla Banca Mondiale. L’organizzazione no-profit Urgewald, per esempio, ha fatto notare che nel 2022 la World Bank – mediante la International Finance Corporation – ha fornito circa 3,7 miliardi di dollari presentati come “finanziamento del commercio” che, probabilmente, sono finiti per finanziare l’industria dei combustibili fossili. Se questa cifra venisse confermata, il reale finanziamento annuale della Banca mondiale a petrolio e gas risulterebbe triplicato rispetto a quanto dichiarato.

Verso un cambio di rotta sulla gestione della crisi climatica

Si capisce quindi quanto le parole di Ajay Banga siano importanti; anche perché, va sottolineato, accompagnano la decisione della Banca Mondiale di estendere il proprio mandato per la gestione della crisi climatica, mettendo quindi di fatto più fondi a disposizione per i progetti verdi. L’idea, supportata da Paesi come Stati Uniti e Germania, è che la Banca Mondiale diventi uno strumento di rilevanza ancora maggiore per la finanza climatica: dovranno però essere rivisti i progetti da finanziare, e si dovranno convincere gli Stati ad aumentare concretamente le risorse e disposizione.