Produrre plastica biodegradabile a partire dalle mosche
Fino a qualche anno fa l’idea di produrre plastica biodegradabile a partire dalle mosche sarebbe stata del tutto strampalata e incredibile. Nel frattempo, però, sono accadute tante cose diverse. Prima di tutto, si è finalmente capito e accettato il fatto che la plastica è un materiale altamente inquinante, che putroppo ha contaminato l’intero pianeta, dagli oceani fino alle più alte cime. Di conseguenza ci si è messi alla ricerca di alternative concrete, con una lunga serie di proposte di plastiche biodegradabili, e quindi di materiali in grado di offrire le stesse performance della plastica, a costi accettabili e a fronte di un impatto ambientale decisamente minore. Questo è il primo presupposto; il secondo è quello relativo agli allevamenti di mosche soldato, i quali sono via via diventati sempre più comuni. Ecco, mettendo insieme questi due fatti preliminari, produrre plastica biodegradabile a partire dalle mosche non è più così strano.
Gli allevamenti di mosche soldato
Facciamo un passo indietro: forse non tutti sanno che nel mondo, e anche in Italia, si stanno moltiplicando gli allevamenti di mosche soldato, tra gli animali più utilizzati quando si tratta di allevamenti di insetti. La mosca soldato – il nome usato a livello internazionale è black soldier fly – è una mosca originaria della zona tropicale che viene sfruttata dall’uomo, ormai da alcuni anni, per combattere lo spreco alimentare. Peculiarità di questo insetto, o meglio, delle sue larve, è quella di nutrirsi di materia organica in stato di decomposizione, sia essa vegetale o animale. Ecco allora che dalle deiezioni animali è possibile ottenere compost di qualità, farine da utilizzare per l’alimentazione degli animali, e via dicendo. Come anticipato, anche in Italia esistono diversi allevamenti di questo tipo. Pensiamo al Biogest-Siteia, il centro di ricerca interdipartimentale per il miglioramento e la valorizzazione delle risorse biologiche agro-alimentari dell’Università di Modena e Reggio Emilia; alla Bef Biosystems, in provincia di Alessandria; al Flies4Value, progetto cofinanziato dalla Regione Emilia-Romagna e dal Fondo di Sviluppo e Coesione; e via dicendo.
Perché produrre plastica biodegradabile a partire dalle mosche
Ma per quale motivo produrre plastica biodegradabile a partire dalle mosche? Perché non partire da altri materiali organici, che in quanto tali possano essere impiegati per creare una plastica bio, che non inquini? Per il semplice fatto che tanti altri materiali che sono stati proposti negli ultimi anni per produrre la plastica hanno già un loro “posto” all’interno della filiera alimentare: si pensi alle plastiche bio realizzate con il glucosio estratto dalla canna di zucchero, con l‘amido di mas, con la fecola di patate e via dicendo. Ecco, le carcasse delle mosche soldato invece non hanno alcun utilizzo, e possono quindi essere viste come “scarto” degli allevamenti, i quali infatti traggono valore dalle larve.
Le peculiarità di questa plastica bio
A rendere particolarmente interessante l’utilizzo delle mosche soldato morte per produrre della bioplastica è la presenza della chitina, un polimero a base di zucchero che fa a rafforzare l’esoscheletro di insetti e crostacei. Non a caso i gusci dei gamberetti, per fare un esempio, sono già stati impiegati per produrre della plastica biodegradabile; le carcasse delle mosche soldato contengono però della chitina più pura, e anzi eliminano alla radice le tante possibili preoccupazioni di chi è allergico ai frutti di mare. Da qui l’idea di Karen Wooley, della Texas A&M University, che sta effettuando test per questa nuova plastica biodegradabile.
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