Quanto inquina la tua spesa?
Quanto inquina la tua spesa? È una domanda che è bene farsi, poiché la lotta ai cambiamenti climatici passa anche per il carrello del supermercato. Si tratta di un fatto assolutamente noto: si pensi per esempio a quanto si è discusso della sostenibilità dell’olio di palma. Ed ecco che allora praticamente tutti, o quasi, oggigiorno sanno che per inquinare meno sarebbe sempre meglio preferire non solo prodotti di stagione, ma anche se possibile locali, ancora meglio se biologici. Diventa fondamentale dunque informarsi sulla provenienza dei singoli prodotti, nonché tenere a mente la stagionalità di frutta, verdura e pesce, e ancora, conoscere quali sono i modi più sostenibili per produrre uova. E non bisogna ovviamente scordare il packaging, perché anche il tipo di confezione può variare in modo importante l’effettiva sostenibilità di quello che si mette nel carrello. Ma questi sono solamente principi di base: come sapere effettivamente quanto inquina la tua spesa?
Quanto inquina la tua spesa? Lo studio di Oxford e l’app Giki
In linea generale sappiamo tutti che i prodotti di origine animale, come la carne e come i latticini, tedono ad avere un’impronta ambientale decisamente maggiore rispetto alla media dei prodotti di origine vegetale, a partire dai legumi e dai cereali. Ma da qui a capire quanto inquinta la tua spesa, in effetti, c’è davvero un mare. Ogni singolo prodotto, in base ai trattamenti e alle tecniche usate dal produttore, alla distanza percorsa, al tipo di mezzo usato per il trasporto, al packaging e a tanti altri elementi, può essere più o meno sostenibile. Uno studio condotto da dei ricercatori di Oxford è quindi andato ad analizzare i prodotti lavorati e spesso ultralavorati presenti sugli scaffali dei supermercati: in tutto sono stati sottoposti ad analisi più di 57.000 prodotti, cercando di andare oltre i tentativi di greenwashing per avere dati chiari e oggettivi. Di certo, quando si parla di prodotti lavorati, che sono fatti con tanti ingredienti, capire l’effettivo impatto ambientale è tutt’alto che semplice: per questo gli studiosi hanno messo a punto un algoritmo che tiene conto di tutti i dati a disposizione, per poi fornire un punteggio da 1 (minimo impatto ambientale) a 100 (massimo impatto ambientale). Guardando le tabelle si scopre che i prodotti più inquinanti sono insaccati, prosciutti e carne secca, con in generale i prodotti di origine animale che occupano la parte più alta della classifica. A metà si trovano invece i prodotti da forno e i dolci, mentre la parte bassa della classifica è occupata dai prodotti di origine vegetale, dalla frutta alla verdura, passando per cereali e legumi. Ed è interessante notare che gli alimenti sostituitivi della carne, come burger di ceci o polpette di soia, presentano tra un quinto e un decimo dell’impatto ambientale rispetto agli “originali”.
Per avere delle informazioni puntuali sull’impatto ambientale dei prodotti presenti nei negozi, sempre in Gran Bretagna è stata sviluppata l’app Giki, che permette di conoscere il livello di sostenibilità di un prodotto semplicemente scansionando il suo codice a barre. Si può così capire quanto è sostenibile la spesa, a partire da dati come provenienza, packaging, tecniche usate e via dicendo.
Il supermercato pop up Felix: il negozio del clima
Nel 2020 in Svezia, e più precisamente a Stoccolma, il più importante marchio alimentare del paese – ovvero il brand Felix – ha deciso di aprire un supermercato pop up volto a far capire ai clienti il reale impatto ambientale dei vari prodotti. L’idea di fondo era molto potente: anziché esporre il normale prezzo dei prodotti in SEK, ovvero in corone svedesi, il negozio esponeva i prezzi in CO2e, ovvero in anidride carbonica equivalente. Per l’occasione Felix aveva infatti stampato questa peculiare valuta, dotando ogni cliente di un budget “settimanale” di 18,9 chilogrammi di CO2e. Tale è infatti il massimo che dovremmo rispettare per fermare il surriscaldamento del pianeta.
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