Cambiamenti climatici: la differenza tra mitigazione e adattamento
La lotta ai cambiamenti climatici è fortunatamente diventata un argomento di attualità. Se ne parla quotidianamente dai più diversi punti di vista, partendo per esempio dall’evoluzione del settore della mobilità, dai bonus edilizi introdotti per la riqualificazione energetica degli edifici, e via dicendo. È però indubbio che, quando si parla di contrastare il climate change, il linguaggio utilizzato finisce nella maggior parte dei casi per essere abbastanza tecnico. Ecco che allora si fa riferimento al Protocollo di Kyoto, agli Accordi di Parigi, alle varie COP, ma anche a concetti come l’impronta di carbonio, i planetary boundaries e via dicendo. Ci sono poi alcuni termini che a prima vista sembrano semplici e intuitivi, e che portano però spesso a delle piccole confusioni: oggi vogliamo quindi spiegare in modo chiaro qual è la differenza tra mitigazione e adattamento, due azioni indispensabili per contrastare i cambiamenti climatici che si muovono su strade decisamente differenti. Le politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici sono infatti molto diverse da quelle messe in modo per l’adattamento di fronte i cambiamenti presenti e futuri: vediamo come e perchè.
La differenza tra mitigazione e adattamento: cosa significa mitigare i cambiamenti
La prima e fondamentale via per combattere i cambiementi climatici consiste nel ridurli, nel limitarli. E per farlo entrano in gioco per l’appunto le politiche di mitigazione, che hanno lo scopo preciso di ridurre l’emissione nell’atmosfera di tutti i gas serra responsabili del riscaldamento globale. In estrema sintesi, il cambiamento climatico è causato dalle emissioni inquinanti prodotte dall’uomo, e l’unico modo per rallentare e fermare l’aumento delle temperature (e tutte le drammatiche conseguenze) è per l’appunto tagliare l’inquinamento.
Le azioni di mitigazione da mettere in campo sono le più diverse, nei più differenti settori e aspetti della vita quotidiana. Pensiamo al mondo della mobilità e dei trasporti: dapprima si è iniziato a limitare la circolazione delle automobili più inquinanti, poi si è andati a favorire l’utilizzo di mezzi sostenibili, a partire dalle automobili elettriche. Ma questi sono solamente alcuni esempi. Tra le politiche di mitigazione si individuano quelle volte a fermare la deforestazione e a piantare nuovi alberi, capaci di catturare anidride carbonica, o quelle volte a ridurre gli sprechi di ogni forma. L’obiettivo è noto: riuscire a tagliare in tempo le emissioni per contenere il surriscaldamento clobale entro gli 1,5 gradi centigradi rispetto all’epoca preindustriale.
Questa è sicuramente la sfida attuale più importante. Non va però trascurato il fatto che i cambiamenti climatici sono già in atto, e che quindi stiamo già vivendo delle importanti e pericolose conseguenze. Ecco che allora alle azioni di mitigazione vanno accostate quanto prima delle azioni di adattamento ai cambiamenti climatici
Le politiche di adattamento ai cambiamenti climatici
A partire da quanto anticipato, diventa più facile capire la differenza tra mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Se da una parte è necessario lavorare per ridurre le emissioni, dall’altra è fondamentale mettersi al sicuro nei confronti di un clima sempre più impazzito e imprevedibile. Ecco che allora, al fianco dell’impegno nella transizione ecologica, è bene mettere in campo delle azioni per rendere le nostre città e i nostri paesi meno vulnerabili nei confronti di eventi estremi come frane, inondazioni, cicloni, siccità, incendi e via dicendo. Per questo motivo è importante per esempio il – lento – lavoro portato avanti negli ultimi 7 anni intorno al Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC). Tra le principali azioni di adattamento ai cambiamenti climatici ci sono la creazione di mappe sul rischio idrogeologico, i sistemi di allerta per gli eventi meteorologici estremi, la creazione di colture resistenti ai periodi di siccità, la realizzazione di casse di espansione dei fiumi, e così via.
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