In pratica, la plastica non è riciclabile
La plastica è ormai riconosciuta a livello globale – almeno teoricamente – come un materiale dannoso, che arreca danni sia all’uomo che all’ambiente. Questo perché la plastica rilascia delle sostanze chimiche nocive. E questo materiale, come abbiamo visto più volte, è presente ormai ovunque, dai mari ai ghiacci artici, dal nostro organismo fino a quello dei pesci. Nella maggior parte dei casi, per fronteggiare questo problema, ci si è impegnati sul fronte del riciclo, con delle politiche mirate ad aumentare sia il tasso di riutilizzo che quello di recupero. Questo perché, sempre a livello teorico, la plastica è un materiale riciclabile. A guardare la questione da questo punto di vista, il problema costituito dalla grande produzione di plastica – nel 2019 la sola Europa ha prodotto 58 milioni di tonnellate di questo materiale – non sarebbe così enorme. Ma è nel passaggio dalla teoria alla pratica che sorge un grosso problema: guardando ai tassi effettivi di recupero si scopre infatti che in realtà la plastica non è riciclabile. A dimostrarlo è un recente rapporto di Greenpeace Usa.
Greenpeace Usa: la plastica non è riciclabile
Greenpeace spiega che, a conti fatti, guardando il mondo reale, la plastica non è riciclabile. O meglio, nonostante gli sforzi fatti, gran parte di questo materiale non può essere sottoposto a riciclo. Negli Usa, nel 2021, le famiglie hanno prodotto un totale di 51 milioni di tonnellate di rifiuti plastici. Solo una minima parte di questi però è stata effettivamente riciclata: si parla solamente di 2,4 milioni, pari al 4,7% del totale. Ecco che allora, sottolinea Greenpeace Usa, la soluzione non è e non può essere il riciclo. È necessario puntare verso un’altra strada, quella costituita per esempio dal riuso dei contenitori, e del riempimento quotidiano di borracce e bottiglie riutilizzabili. E va peraltro detto che i numeri statunitensi sul riciclo delle plastiche sono perfino peggiorati nel tempo. Nel 2014 si parlava infatti del 9,5%, mentre nel 2018 ci si fermava all’8,7%. Ad alterare i dati era tra le altre cose un’assunzione errata. Gli Stati Uniti calcolavano come riciclati gli enormi carichi – di tonnellate e tonnellate di rifiuti plastici – che annualmente venivano esportati in Cina. Dove però, anziché essere riciclati, venivano per lo più confinati in discarica o bruciati.
Ne consegue che, a essere corretti, la plastica non è realmente riciclabile. Anche perché, come previsto dalla definizione utilizzata dalla Fondazione Elle McArthur, si può parlare di un materiale riciclabile solo nel momento in cui questo vanti un tasso di riciclo minimo del 30%. Né il Pet 1 né l’Hdpe 2, utilizzate comunemente per realizzare le bottiglie, soddisfano questi criteri negli Stati Uniti: raggiungono infatti rispettivamente un tasso di riciclo del 20,9% e del 10,3%. Come ha precisato Lisa Ramsden di Greenpeace Usa, «società come Coca Cola, Pepsi, Nestlé e Unilever hanno lavorato con le principali industrie per promuovere il riciclo della plastica come la soluzione ai rifiuti per decenni. Ma i dati sono chiari: in pratica, la maggior parte della plastica non è riciclabile». A pesare sui processi di recupero sarebbero diversi fattori, quali la difficoltà della raccolta, gli ostacoli della selezione in vista del riciclo, i danni prodotti a livello ambientale e i costi economici del processo stesso.
Il riciclo dei materiali plastici in Italia
E di certo lo scenario non è roseo nemmeno in Italia. Anche qui, a guardare i dati, si intuisce subito che riciclabile non vuol dire automaticamente riciclato. Anzi: stando ai dati Ispra, nel 2020 solamente 1,6 milioni dei 3,7 milioni di tonnellate di rifiuti plastici prodotti in Italia sono stati differenziati. E di questi, solamente 620mila tonnellate son state avviate effettivamente al riciclo.
Ti è piaciuto l'articolo?
Condividilo