Le emissioni di metano crescono rapidamente: ecco perché
Nella lotta ai cambiamenti climatici il nemico numero uno è come risaputo l’anidride carbonica. Ma sarebbe sbagliato trascurare le emissioni di metano, le quali stando ad alcune recenti indagine sarebbero maggiori e più pericolose rispetto a quanto calcolato fino ad oggi. Si è sempre saputo che il metano fosse un elemento ancora più potente dell’anidride carbonica nel provocare il riscaldamento dell’atmosfera, ma che allo stesso tempo risultasse per essere meno pericoloso essendo un inquinante di breve durata. Se infatti l’anidride carbonica resta in atmosfera per tantissimo tempo, il metano è invece caratterizzato da un deterioramento molto rapido. Purtroppo, però, le emissioni di metano stanno crescendo velocemente, ben oltre quanto stimato da tanti studi degli anni scorsi. Nello specifico, le emissioni sono calate all’inizio del Millennio, per poi tornare a salire a partire dal 2007: attualmente, stando alle misurazioni della US National Oceanic and Atmospheric Administration, si sarebbe oltre le 1.900 parti per miliardo. Quasi il triplo rispetto ai livelli preindustriali.
La crescita delle emissioni di metano negli ultimi anni
Stupisce che le emissioni di metano siano aumentate anche negli ultimi due anni, nonostante l’emergenza sanitaria globale. Si sa che le emissioni di questo gas serra sono prodotte per circa il 40% da fonti naturali, come per esempio dalle aree umide, mentre il restante 60% è di origine antropica. Si parla quindi del metano emesso dall’allevamento di bestiame, dall’estrazione di combustibili fossili e via dicendo. Ma perché le emissioni sarebbero cresciute così velocemente negli ultimi anni?
Dietro all’aumentare del metano nell’atmosfera incendi e scioglimento dell’Artico
Sono ipotizzate diverse cause dietro all’aumentare delle emissioni di metano. Si parla della crescita delle esplorazioni alla ricerca di petrolio e di gas naturale, Si parla delle emissioni crescenti nel settore dell’agricoltura e dell’allevamento, soprattutto nelle economie in forte crescita, come India e Cina. Ma si parla anche delle emissioni “naturali” in aumento in zone come l’Artico, dove la tundra si sta sciogliendo liberando quantità enormi di metano precedentemente congelato.
Ma non è tutto qui: a rendere ancora più rapida la crescita dei tassi di metano sarebbe il rallentamento dei processi naturali che rimuovono normalmente questo gas dall’atmosfera. Si parla di una reazione chimica in cui il metano viene aspirato dai radicali idrossilici, i quali da questo punto di vista lavorano come un naturale detergente dell’atmosfera. Il problema è che i radicali idrossilici potrebbero risultare più occupati in questi anni per via dell’aumentare degli incendi boschivi, fonte di monossido di carbonio. E proprio il monossido di carbonio manterebbe “fuori gioco” tanti radicali idrossilici, rallentando così l’eliminazione del metano.
Il circolo vizioso tra metano e cambiamento climatico
Uno studio pubblicato su Nature Communications a firma di Simon Redfern e Chin-Hsien Cheng, della Nanyang Technological University di Singapore, indaga sui molteplici collegamenti tra aumento delle emissioni di metano e cambiamento climatico. In sintesi, il loro lavoro dimostra che la crescita di questo gas serra è 4 volte più suscettibile all’aumento delle temperature. Maggiore è il surriscaldamento del pianeta, più veloci crescono i tassi di metano. Questo perché il caldo accelera l’emissione di metano nelle zone umide e nelle ex zone glaciali, e allo stesso tempo rallenta la rimozione di questo gas serra dall’atmosfera, come visto sopra. Si tratta dunque di un pericoloso circolo vizioso. Per spezzarlo il primo passo da fare è ovviamente ridurre le emissioni di metano a livello industriale: «dobbiamo persuadere Cina e India, i due più grandi produttori di metano, a unirsi all’impegno globale contro questo gas» ha spiegato Redfern sulle pagine del Guardian, aggiungendo che «dobbiamo guardare anche all’Africa, dove le emissioni di metano potrebbero aumentare rapidamente con la crescita demografica».
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