Cambiamento climatico e pandemie: il climate change porterà altri virus?
Può esistere un legame tra cambiamento climatico e pandemie? Questi sono senz’altro i due temi più forti intorno ai quali si è dibattuto negli ultimi anni. Da una parte una serie di cambiamenti climatici che stanno portando il mondo verso scenari sempre più drammatici, e che può essere fermata solo tagliando tempestivamente le emissioni nocive dell’attività umana; dall’altra, una pandemia globale che, con oltre 500 milioni di casi accertati, ha portato a più di 6 milioni di decessi. Come è noto, a oltre 2 anni dall’inizio dell’emergenza sanitaria, sono sempre di più gli studi che indicano nell’Huanan Market di Wuhan l’inizio di tutto. Non sono ancora state individuate prove certe, ma sembra sempre più probabile che il virus Sars-Cov-2 sia il frutto di un salto di specie all’interno del grande mercato della città cinese. Ed è proprio dalla pericolosità dei salti di specie in specie di un virus che si deve partire per capire quanto possa essere stretto il legame tra cambiamento climatico e pandemie, soprattutto pensando ai prossimi decenni. Uno studio pubblicato in questi giorni sulla rivista Nature approfondisce la questione.
Cambiamento climatico e pandemie: lo studio di del biologo Colin Carlson
Il dato dal quale è necessario partire è uno, e piuttosto semplice: sono tantissime le specie di animali che possono diventare portatrici di virus. Ma cosa succede nel momento in cui, a causa dei sempre più repentini e forti cambiamenti climatici, numerosi gruppi di animali sono costretti a spostarsi su lunghe distanze? Cosa avviene nel momento in cui degli animali entrano in contatto con delle specie che mai prima d’ora avevano incontrato? Le conseguenze possono essere le più diverse, e tra queste è possibile individuare anche il passaggio di virus, con dei pericolosi salti di specie. E sì, l’effetto domino può arrivare fino all’uomo, con esiti di volta in volta differenti. Stando allo studio coordinato da Colin Carlson, biologo della Georgetown University, entro il 2027 potrebbero emergere 15.000 nuovi virus. Con l’avanzare dei cambiamenti climatici, se non si riusciranno a contenere le temperature, si creeranno quindi tanti diversi calderoni virali nei quali, potenzialmente, potrebbe nascere una nuova pandemia. Non sono certamente pochi gli animali che possono al tempo stesso ospitare grandi riserve virali e coprire distanze importanti: si pensi al pipistrello, il quale era già stato un veicolo per la Sars, passata da quest’ultimo allo zibetto, e da questo all’uomo.
Le previsioni per il futuro
Più le temperature crescono, più diventa stretta la connessione tra cambiamento climatico e pandemie. Con l’avanzare dei cambiamenti climatici crescerà il numero di specie animali che si muoveranno verso le aree più abitate del pianete, dando il via a degli incontri e a dei salti di specie che in una situazione di normalità non avrebbero avuto il motivo di esistere. Non ci sono dubbi: il mix biologico è possibile in qualsiasi parte del mondo, in qualunque momento. Ma diventa più probabile nelle aree più popolate. Le proiezioni del team di Carlson stimano che le aree geografiche in cui vivono 3.870 specie di mammiferi potrebbero cambiare in modo importante entro il 2070, innescando processi imprevedibili, con tutti i rischi epidemiologici connessi.
Le contromosse
Cosa è possibile fare? Per rallentare e ridurre le migrazioni animali causate dal riscaldamento globale non è possibile fare altro che rallentare i cambiamenti climatici stessi, il che si traduce nella riduzione immediata delle emissioni, come è noto da tempo e come è stato confermato anche in occasione della COP26. Dal punto di vista epidemiologico, come sottolineato da Carlson, è necessario impegnarsi per sapere di volta in volta, per ogni migrazione animale in corso, quali virus la stanno accompagnando. Solo in questo modo sarà possibile avere delle chance concrete di individuare tempestivamente i salti di specie, per evitare che questi diano origine a ulteriori pandemie.
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