La guerra in Ucraina renderà impossibile rispettare il limite di 1,5 gradi?
Rispettare il limite di 1,5 gradi, ovvero l’obiettivo principale individuato dalla Cop26, sembra sempre più difficile. I fattori che rendono questa cruciale sfida via via più complessa sono diversi: basti pensare che l’International Energy Agency ha affermato che, l’anno scorso, le emissioni di anidride carbonica sono aumentate del 6%, raggiungendo il loro record di sempre. A causare questo pericoloso incremento sarebbe stata la ripartenza dopo la pandemia da Covid 19, uno scatto in avanti che in realtà ha compromesso quel “green recovery” promesso da diversi governi. Il percorso verso una maggiore sostenibilità, per mantenere l’aumento delle temperature medie globali al di sotto degli 1,5° rispetto all’epoca pre-industriale, è ora ostacolato anche dalla guerra in Ucraina. Tra gli effetti collaterali dell’invasione russa vi è infatti anche la risposta dei tanti paesi che dipendono, energicamente parlando, proprio dalla Russia. Vediamo il perché.
António Guterres: come la guerra in Ucraina complica l’agenda sul cambiamento climatico
Intervenuto durante una conferenza sulla sostenibilità organizzata dall’Economist, a Londra, il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha spiegato come e perché la guerra in Ucraina può rendere ancora più difficile rispettare il limite di 1,5 gradi. Come è noto, i paesi europei dipendono in larga parte dalla Russia per le proprie forniture di gas: si parla più precisamente del 40% in media, con punte superiori al 60%, come nel caso della Germania. Attualmente, visto l’evolversi del conflitto, l’Unione Europea sta puntando a ridurre la propria dipendenza dal gas russo, per eliminarla del tutto negli anni a venire. I paesi sono così spaventati dal problema relativo all’approvvigionamento di gas «da trascurare o mettere in ginocchio le politiche per ridurre l’uso di combustibili fossili» ha spiegato Guterres, aggiungendo che «questa è una follia. La dipendenza dai combustibili fossili è una distruzione reciprocamente assicurata». Ma cosa stanno facendo i diversi paesi per affrancarsi dalla Russia e dal suo rifornimento energetico? Certo, una parte consistente del piano è quella di sviluppare nuovi impianti di energia rinnovabile. Ma i paesi UE stanno anche cercando nuove fonti di combustibili, nuovi esportatori, a partire dal gas del Qatar e dal petrolio dell‘Arabia Saudita; altri ancora stanno considerando di aumentare la produzione di energia elettrica da carbone. Gli Stati Uniti, da parte loro, stanno pensando di acquistare petrolio da paesi fino a ieri ritenuti del tutto improponibili da questo punto di vista, dal Venezuela fino all’Iran; parallelamente, si stima una veloce crescita del fracking e del drilling a livello domestico. A beneficiarne saranno le compagnie del comparto Oil & Gas, rimbaldanzite già adesso dalla ripartenza dopo il Covid-19.
Di questo passo rispettare il limite di 1,5 gradi sarà impossibile
Abbiamo già visto cosa potrebbe accadere nel momento in cui si dovesse andare oltre 1,5 gradi di surriscaldamento. Ma, come ha sottolineato Guterres, «se continuiamo in questo modo, possiamo dire addio al limite di 1,5 gradi. Persino quello di 2 gradi potrebbe essere fuori dalla nostra portata. Questa sarebbe una catastrofe». Insomma, il cammino che sta per essere intrapreso da tanti paesi in risposta alla guerra in Ucraina potrebbe portare a danni ancora peggiori, andando a chiudere del tutto la finestra relativa agli 1,5 gradi, condannando il pianeta agli effetti più deleteri del cambiamento climatico. «Come gli eventi attuali hanno chiarito ulteriormente, il nostro continuo affidamento ai combustibili fossili mette l’economia globale e la sicurezza energetica alla mercé di shock geopolitici e crisi» ha spiegato il segretario generale UN, per poi aggiungere che «invece di frenare la decarbonizzazione dell’economia globale, ora è il momento di dirigersi concretamente verso un futuro di energie rinnovabili».
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