Quanto inquina l’eruzione di un vulcano?
La potenza dell’eruzione del vulcano Tonga, avvenuta il 14 gennaio, è stata calcolata dalla Nasa come «500 volte superiore a quella della bomba atomica sganciata su Hiroshima». L’esplosione è stata avvertita fino in Nuova Zelanda, a oltre 2.000 chilometri dall’arcipelago; il conseguente aumento della pressione atmosferica è stato segnalato ovunque, perfino in Italia. Difficile, per ora, quantificare i danni dell’eruzione: si sa che due tra le isole più piccole sono andate completamente distrutte, e si sa che le autorità locali parlano di 3 vittime accertate. A queste devono essere aggiunte come minimo 2 vittime in Perù, morte a causa degli allagamenti causati dall’onda anomala conseguente all’esplosione, che ha toccato il Giappone e, per l’appunto, l’America del Sud. Le isole dell’arcipelago, come dimostrano le foto aree effettuate dalle forze di difesa neozelandesi, risultano coperte di cenere, e proprio a partire da questo dato si temono ora gli effetti dell’eruzione per quanto riguarda la contaminazione dell’acqua, nonché delle riserve alimentare. Tra le altre cose, il risveglio del vulcano sottomarino Hunga-Tonga-Hunga-Hàapai ha portato in molti a domandarsi, ancora una volta, quanto inquina l’eruzione di un vulcano: cerchiamo di dare una risposta.
Quanto inquina l’eruzione di un vulcano?
Quando un vulcano erutta, dal suo cratere non fuoriescono solamente cenere e lava. Anche altre sostanze invisibili vengono rilasciate: si parla soprattutto di gas come l’anidride solforosa (conosciuta anche come diossido di zolfo), l’acido solfidrico e l’anidride carbonica. Ed è proprio a partire dalla fuoriuscita di CO2 che si parla spesso del contributo dei vulcani al peggiorare dell’Effetto Serra, e quindi di conseguenza del cambiamento climatico. In realtà, però, il ruolo dell’eruzione dei vulcani sul piano climatico sembra piuttosto ridotto, o persino marginale. Esistono delle teorie che collegano l’anidride carbonica prodotta dai vulcani attivi a delle estinzioni di massa nel passato, spingendosi fino a motivare la scomparsa dei dinosauri con questo fattore. Si tratta però di teorie senza prove documentate; quel che è certo che è che nella storia recente nessuna eruzione vulcanica ha avuto un reale impatto sul clima per via dell’anidride carbonica prodotta. Si pensi per esempio all’evento vulcanico più distruttivo nella storia degli Stati Uniti, ovvero all’eruzione del monte Saint Helens del 1980, che causò 57 vittime e distrusse 200 abitazioni. In quell’occasione, in meno di 10 ore, vennero rilasciate nell’atmosfera 10 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Ebbene, l’umanità ne emette una mole equivalente in sole 2 ore. Più nello specifico, ogni anno l’attività umana diffonde nell’atmosfera circa 50 miliardi di tonnellate di gas serra, laddove invece tutti i vulcani attivi del mondo ne producono ancor meno di un centesimo.
L’anidride solforosa prodotta dai vulcani
Un altro gas che viene emesso in quantità dai vulcani in eruzione è come anticipato l’anidride solforosa. Anche questa potrebbe avere degli effetti sul clima, del tutto contrari, però, a quelli dell’anidride carbonica. È noto prima di tutto che l’anidride solforosa, in base all’altezza che raggiunge nell’atmosfera, può causare delle piogge acide. Ma è noto anche che l’anidride solforosa conseguente a un’eruzione può andare a riflettere la radiazione solare, contribuendo quindi a un raffreddamento della Terra. Questo potrebbe quindi essere visto come un dato positivo nella lotta ai cambiamenti climatici. Ma bisogna guardare ai numeri: sappiamo per esempio che l’eruzione del vulcano Pinatubo del 1991, annoverata come la più grande del secolo scorso (con circa 800 vittime) produsse circa 20 milioni di tonnellate di anidride solforosa. Questa comportò una temporanea riduzione delle temperatura, pari a circa 0,2 gradi di scarto, per circa 2 anni. Stando alle prime rilevazioni, l’eruzione del vulcano Tonga avrebbe comportato il rilascio di “sole” 400mila tonnellate di anidride solforosa, una quantità che non potrà in alcun modo influire sull’andamento dei cambiamenti climatici.
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