Il riciclo delle batterie delle auto elettriche: ecco come avviene e come avverrà
“E poi, dove finiscono le batterie delle auto elettriche”? È questa una delle domande più comuni tra i detrattori della mobilità elettrica, che puntano il dito sul fine vita degli accumulatori di energia dei veicoli del futuro. Rispondiamo quindi fin da subito: ci sono delle filiere già attive per il riciclo delle batterie delle auto elettriche, per non parlare delle tante possibilità di recupero. Oggi vedremo quindi cosa succede a questi accumulatori nel momento in cui vengono mandati in pensione: buona lettura!
Come sono fatte le batterie delle e-car
Le automobili elettriche a zero emissioni sono alimentate con dell’energia elettrica, la quale viene stoccata in apposite batterie agli ioni di litio. Si tratta di batterie che, se confrontate con i classici accumulatori a base di piombo o di nichel, si presentano non solo più compatte, ma anche più leggere e più efficaci. Va peraltro detto che l’evoluzione più moderna di queste batterie è quella dello “stato solido”, ovvero quella delle batterie ai polimeri di litio. Già impiegate da produttori come Tesla e Volkswagen, permettono una maggiore capacità di accumulo, a fronte di un minore ingombro.
Veicoli BEV: quanto durano le batterie?
Se si parla del riciclo delle batterie delle auto elettriche non si può tralasciare un accenno alla durata di questi dispositivi. Quanto tempo può durare una batteria? Quanti chilometri può percorrere prima di essere sostituita? Come ben sappiamo utilizzando quotidianamente i nostri smartphone, le batterie non sono eterne. Ricarica dopo ricarica, infatti, la loro efficienza va pian pian diminuendo. Nel caso delle batterie agli ioni di litio, la vita utile è compresa tendenzialmente tra gli 8 e i 10 anni; guardando al chilometraggio, il minimo garantito dai produttori è solitamente di 160.000 chilometri o più. Gli accumulatori più moderni, a partire dalle batterie ai polimeri di litio, presentano però delle performance superiori.
Va peraltro sottolineato che per “vita utile” si intende il periodo di tempo entro il quale la batteria è in grado di avere una buona capacità di accumulo, superiore al 70%; quando si scende al di sotto di tale soglia è consigliato procedere con la sostituzione. Ed è anche per questo motivo che è bene interrogarsi sul riciclo delle batterie delle auto elettriche.
Il riutilizzo delle batterie dei veicoli elettrici
Il riciclo non è l’unica via percorribile per le batterie dei veicoli elettrici. Questo discorso va tenuto ben presente, anche alla luce di quanto detto sopra: una batteria che va in pensione è in realtà un accumulatore ancora in grado di fare un discreto lavoro. Ecco allora che la “vecchia” batteria di un veicolo elettrico può essere riutilizzata, e dunque riportata in attività. Il riutilizzo tipico di questi accumulatori è quello di essere collegati l’un l’altro a decine – o persino a centinaia – per diventare il sistema di accumulo di un impianto di generazione di energia rinnovabile, come per esempio un impianto eolico o fotovoltaico.
Il riciclo delle batterie delle auto elettriche
Prima di affrontare il tema del riciclo delle batterie delle auto elettriche va sottolineato un concetto fondamentale: vista la durata di questi accumulatori, e visto il recente boom di questi veicoli, non si ha a che fare per ora con degli impianti industriali su larga scala impegnati in tal senso. Se infatti si pensa che la vita utile di una batteria è di 8 anni, e che può poi essere usata come accumulatore per un’altra decina d’anni, di capisce che è ancora presto per parlare di un procedimento evoluto per il riciclo delle batterie delle auto elettriche, avendo a che fare con dei volumi ancora molto scarsi. Ciononostante, però, esiste già un metodo standard per questa attività, ovvero il riciclo per mezzo del processo pirometallurgico. Questo prevede la triturazione e la fusione delle batterie, per poter recuperare tra il 50 e il 60% delle materie prime preziose presenti nell’accumulatore. È però in via di sviluppo e di perfezionamento anche un secondo procedimento, chiamato idrometallurgico, che permetterà di recuperare i materiali quasi al 100%: esistono già degli impianti sperimentali che seguono questo processo, che potrà essere industrialmente sostenibile e diffuso tra circa 10 anni.
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