Come il ritorno delle lontre marine può essere prezioso per il clima
La lontra marina è uno degli animali più pelosi e più voraci del mondo, due caratteristiche che dipendono da un medesimo fattore scatenante. A differenza di altri mammiferi marini, le lontre hanno poco grasso, e quindi “peccano” in quanto a resistenza al freddo.
Ecco quindi che si difendono con una quantità enorme di peli (140.000 peli ogni centimetro quadrato del corpo, una densità 700 volte maggiore rispetto a quella dei capelli umani). E, sempre per mantenersi calde, le lontre marine mangiano ogni giorno una quantità di cibo pari a un quarto del loro peso.
Proprio per questa ultima qualità, e quindi per la loro inarrestabile fame, le lontre marine hanno un ruolo fondamentale nel mantenere intatti gli ecosistemi del Pacifico settentrionale. Si è compresa la loro importanza per via del venire meno delle lontre tra il 18° e il 19° secolo, quando i cacciatori avevano ridotto la popolazione mondiale di lontre a circa 2.000 esemplari. Ora le lontre stanno pian piano recuperando terreno, con paralleli benefici per l’ambiente marino: vediamo come e perché.
L’alimentazione delle lontre marine
Cosa mangiano le lontre marine? Tra le altre cose, questi simpatici mammiferi sono ghiotti di ricci di mare e di granchi. E questa peculiare dieta ha che fare strettamente con la flora marina delle coste della California, del Canada, dell’Alaska, della Russia e del Giappone.
Già negli anni Settanta infatti ci si era accorti che, lì dove le lontre marine erano scomparse, le foreste marine di alghe si erano trasformate in deserti sotto il livello del mare. Per quale motivo? Senza le lontre marine a sfamarsi quotidianamente, i ricci marini si sono moltiplicati, divorando quantità enormi di alghe, fino alle radici.
Va peraltro detto che i ricci hanno una capacità del tutto peculiare, nel momento in cui non hanno più cibo, si mettono in letargo, per risvegliarsi solo nel momento in cui le alghe crescono, per poi tornare a dormire. Non a caso c’è chi parla di ricci-zombie.
Va poi detto che le lontre mangiano i granchi, i quali, se lasciati indisturbati a moltiplicarsi, cancellano le colonie di lumache marine, le quali invece sono fondamentali per la crescita delle foreste subacquee, eliminando parte di quella vegetazione del fondale che limita la crescita delle alghe.
Ecco quindi che le lontre marine, mangiando i ricci di mare e i granchi, riescono a salvaguardare le foreste di alghe lungo le coste del Pacifico del Nord. E questo, va detto, ha delle ricadute estremamente positive anche sulla lotta ai cambiamenti climatici.
La lontra, le alghe e l’anidride carbonica
Per quanto riguarda le foreste di alghe, è bene sottolineare una cosa: diversi studi hanno indicato queste piante marine come una delle possibili armi da tutelare per la lotta ai cambiamenti climatici. Parliamo infatti di piante in grado di crescere oltre 60 centimetri al giorno, e che grazie alla loro crescita velocissima riescono ad assorbire molto più carbonio dall’atmosfera.
Certo, nel momento in cui queste piante marine muoiono, tutto il carbonio intrappolato può ritornare all’atmosfera per mezzo della decomposizione; ma potrebbe anche decomporsi senza affiorare in superficie, così da intrappolare il carbonio nei sedimenti oceanici per millenni o per milioni di anni, senza quindi che la decomposizione finisca per produrre anidride carbonica. Molte piante acquatiche immagazzinano carbonio soprattutto nelle loro radici e nel momento in cui muoiono, il carbonio resta “sequestrato” dal fondale.
Nel 2012 un team di ricercatori a stimato il potenziale di sequestro del carbonio permesso dalle lontre marine lungo la costa compresa tra l’arcipelago delle Aleutine e l’isola di Vancouver. La sola presenza delle lontre lungo queste coste rocciose, per un totale di oltre 50mila chilometri quadrati (pressappoco le stesse dimensioni del Costa Rica) permetterebbe di archiviare dai 4.4 milioni agli 8,7 milioni di tonnellate di carbonio, che invece, senza lontre, sarebbero rilasciate nell’atmosfera. Parliamo di una quantità di carbonio superiore a quella rilasciata da un milione di automobili in un anno.
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