I fondi per i paesi in via di sviluppo contro il cambiamento climatico? Arrivano (forse) nel 2022
Lo ha spiegato molto bene Vanessa Nakate, la giovane attivista ugandese fondatrice di Rise Up intervenuta giorni fa al Youth4Climate di Milano: nella maggior parte dei casi le conseguenze più forti dei cambiamenti climatici vengono sofferti dai paesi poveri, i quali spesso peraltro non hanno quasi nessuna responsabilità per quanto riguarda l’aumento di emissioni nocive. Si pensi per esempio al fatto, citato dalla stessa Natake, che l’Africa è responsabile solamente del 3% delle emissioni globali. La battaglia contro i cambiamenti climatici, in ogni caso, non può essere fatta senza l’appoggio dei paesi in via di sviluppo e meno sviluppati; per questo, nel 2009, i paesi più ricchi avevano promesso di fornire entro il 2020 dei fondi per i paesi in via di sviluppo, così da avere le finanze per contenere la crisi climatica. All’epoca si era parlato di 100 miliardi di dollari l’anno. La promessa non è stata mantenuta, ma c’è chi afferma che i fondi per i paesi in via di sviluppo contro il climate change arriveranno l’anno prossimo.
L’economista Stern afferma che i fondi per i paesi in via di sviluppo arriveranno nel 2022
Economista di fama internazionale, già chief economist presso la Banca Mondiale dal 2000 al 2003, attualmente presidente del Grantham Institute for Climate Change presso la London School of Economics, Nicholas Stern ha affermato «penso che probabilmente centreremo l’obiettivo dei 100 miliardi di dollari l’anno prossimo». Lord Stern, intervistato dal Guardian, in base alle promesse fatte dai vari leader, ha spiegato che «potremmo iniziare con un flusso di finanziamenti dai donatori alle nazioni più povere avvicinandoci a 50 o 50 miliardi di dollari, partendo dal presupposto per cui, se gli Stati Uniti avviassero la catena dei fondi, altri stati potrebbero seguire l’iniziativa. I finanziamenti destinati ai combustibili fossili, che il G7 ha deciso di eliminare rapidamente, potrebbero essere ri-orientati verso le energie rinnovabili».
Come ha spiegato Stern, le banche mondiali per lo sviluppo come la Banca Mondiale sarebbero pronte ad affrontare una serie di incontri sull’argomento già nelle prossime settimane. «Dal mio punto di vista dobbiamo intensificare di molto gli sforzi per raggiungere i 100 miliardi di dollari, non sarà quest’anno ma dovrebbe essere l’anno prossimo, e penso che potrebbe benissimo essere così».
Gli impegni di Stati Uniti e di Cina
Come sottolineato da Lord Stern, a essere fondamentali sono e saranno prima di tutto i prossimi passi delle grandi potenze. Assume una grande importanza da questo punto di vista la promessa fatta dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il quale a promesso all’Onu che gli USA avrebbero raddoppiato i propri finanziamenti per contrastare il cambiamento climatico, per raggiungere quota 11,4 miliardi di dollari all’anno nel 2025. E le buone notizie – se così possono essere definite quelle che Greta Thunberg ha indicato come chiacchiere e non fatti – arrivano anche dalla Cina. Il grande paese asiatico ha infatti promesso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite di interrompere finalmente i finanziamenti destinati allo sviluppo di nuovi impianti a carbone oltreoceano. Non è un fatto da poco, in quanto la Cina è ad oggi risulta essere l’unica tra le potenze mondiali che continua a cercare nuovi possibili impianti nei paesi poveri. Come ha evidenziato Stern, commentando queste novità, «stavano aspettando queste mosse dagli Stati Uniti e dalla Cina da molto tempo, e costituiscono in effetti degli sviluppi molto positivi». Non resta che aspettare quindi i prossimi mesi, per vedere se effettivamente verranno stanziati i fondi per i paesi in via di sviluppo contro il cambiamento climatico, o se invece gli attivisti avranno ancora una volta ragione nel sottolineare le promesse “tradite” in campo ambientale.
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