Balena: riprende la caccia in Giappone
Il Giappone non si ferma. Riprende la caccia alle balene con quattro navi salpate dal nord dell’arcipelago. Le baleniere sono partite dalle città di Hachinohe e di Miyagi che si trovano rispettivamente nella prefettura di Aomori e di Ishinomaki.
La federazione nazionale delle cooperative di pesca del Giappone ha annunciato inoltre che la piccola flotta si arricchirà di un’altra nave tra due settimane. Il Paese il 30 giugno del 2019 è uscito formalmente dalla Commissione Baleniera Internazionale (IWC) e da allora ogni anno, continua la caccia al più stupefacente mammifero marino per soli fini commerciali.
Le cinque navi hanno l’incarico di pescare fino alla fine di luglio 120 balenottere nella costa di Sanriku, poi si sposteranno sul versante nord orientale del Giappone nella regione di Hokkaido per continuare la pesca. Qui resteranno fino alla fine di ottobre per poi rientrare in porto e depositare nei magazzini quanto hanno cacciato. La IWC nel 1982 ha votato una moratoria per la caccia a fini commerciali. Lo scopo era quello di proteggere le balene che erano minacciate da una pesca selvaggia.
Nel 1986 la fondazione ha decretato l’intoccabilità di questa specie in via d’estinzione. Il governo del Sol Levante però ha di fatto interrotto la tradizionale caccia alla balena per scopi commerciali solo dal 1982 al 1987, anno in cui è ripresa per finalità scientifiche.
La caccia a scopo scientifico infatti era l’unico modo per poter proseguire la pesca delle balene senza incorrere in sanzioni. Le associazioni ambientaliste tuttavia hanno più volte denunciato che dietro gli scopi di ricerca ci fosse in realtà una scelta di altra natura.
La sentenza della Corte di Giustizia dell’Aja e la scelta politica del governo nipponico
La Corte di Giustizia dell’Aja con una sentenza del 2014 ha dato ragione alle associazioni ambientaliste internazionali e ha definito “la caccia per la scienza” un pretesto per soddisfare necessità commerciali.
L’uscita del Giappone dalla IWC quindi ha solo reso evidente la scelta politica del governo nipponico di proseguire la caccia, anche se questa pratica sta portando allo sterminio delle balene.
La pesca dei cetacei ha origini antichissime già nel diciassettesimo secolo salpavano navi dal Giappone, Islanda, Norvegia, Russia e Corea per arpionare il mammifero gigante.
In quegli anni l’obiettivo principale era il grasso dell’animale che produceva un olio a buon mercato per alimentare le lampade. La caccia inoltre arricchiva l’alimentazione dei giapponesi e degli eschimesi che ha sempre incluso la carne di balena.
In Giappone però le abitudini alimentari della popolazione sono notevolmente cambiate nel corso degli anni e il consumo di carne di balena ha subito una notevole flessione. Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale i giapponesi consumavano 200 mila tonnellate all’anno di carne di balena.
Gli stati Uniti d’America dopo il conflitto regalarono al governo di Tokyo alcune baleniere per consentire alla popolazione duramente colpita dalle bombe atomiche, di sfamarsi. Attualmente però solo il 5% dei giapponesi mangia la carne di balena. Si tratta per lo più della popolazione anziana che è ancora legata alla tradizione. Il consumo della carne infatti è sceso intorno alle 5 mila tonnellate annue, tuttavia la mattanza non si ferma. Tra il 2015 e il 2027 il nuovo programma di caccia prevede l’uccisione di ben 4.000 balene.
La brutalità della caccia alle balene scuote l’opinione pubblica giapponese
Il governo nipponico rivendica con la caccia alla balena il rispetto delle proprie tradizioni, anche se il Ministero della Pesca giapponese è costretto a finanziare ogni anno questa attività che non riesce a mantenersi da sola.
I contribuenti giapponesi hanno speso negli ultimi anni 400 milioni di dollari per continuare a cacciare le balene senza alcuno scopo alimentare.
La brutalità della caccia inoltre sta scuotendo l’opinione pubblica giapponese, turbata dalle immagini relative all’uccisone dei cetacei. Le fotografie e i video delle navi che braccano le balene fino a ucciderle fanno il giro del mondo e hanno cambiato la sensibilità della popolazione nipponica.
Le immagini delle barche di piccole dimensioni che si muovono con rapidità tra le onde e inseguono le balene indignano una percentuale sempre maggiore di giapponesi. La caccia viene perpetuata in modo barbarico i cacciatori, infatti adoperano un arpione esplosivo per colpire le balene che le ferisce mortalmente.
Il colpo penetra all’interno del corpo del mammifero a una profondità di un metro e mezzo, tuttavia la morte del cetaceo non è immediata e l’agonia per il 50% dei casi può durare anche venti minuti.
Secondo una stima ogni anno i cacciatori giapponesi uccidono centinaia di balene nonostante le pressioni politiche sul governo nipponico e lo scarso uso alimentare.
Le associazioni ambientaliste e la comunità internazionale continuano a denunciare la mattanza, un piccolo baluardo di resistenza per difendere il mammifero acquatico contro la violenza del Sol Levante.
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