In bici al lavoro, gli incentivi in Europa
Mobilità sostenibile e vita urbana
Il traffico e l’integrazione tra persone e mezzi sono gli aspetti critici della vita urbana. Rendere la mobilità sostenibile è una sfida continua per ridurre gli impatti ambientali, sociali ed economici dei veicoli privati. I comuni incentivano la mobilità a piedi, in bicicletta, col trasporto pubblico, con il trasporto privato condiviso (come il car sharing, cioè la mobilità con un veicolo a noleggio condiviso) e la loro combinazione efficace. Tra questi c’è il bike to work, cioè aumentare le persone che scelgono di andare in bici al lavoro.
La bicicletta è uno dei mezzi più versatili e negli ultimi anni è aumentato il suo utilizzo anche in città. L’economia della due ruote in Italia ha un fatturato di 6,2 miliardi l’anno. In alcuni centri urbani un cittadino su tre pedala per raggiungere il proprio luogo di lavoro o di studio. Lo dice A Bi Ci di Legambiente, il primo rapporto sull’economia della bicicletta in Italia e sulla ciclabilità urbana. Eppure il numero di ciclisti è uguale dal 2008. Perché?
Ancora troppe città sono a misura d’auto e c’è carenza di piste ciclabili e mancanza di sicurezza e servizi. Ma c’è una soluzione?
In Europa: pro e contro del bike to work
Un’idea arriva dall’Europa. Alcuni paesi europei hanno il rimborso chilometrico: lo stato ripaga con un incentivo i cittadini che scelgono di fare il tragitto casa-lavoro.
Belgio
Succede in Belgio, dove andare in bici al lavoro garantisce un rimborso di 0,23€ al km. Oltre 400.000 persone lo hanno scelto, il 9% dei lavoratori. In totale hanno pedalato oltre 420 milioni di km nel 2015 portando benefici nella riduzione di CO2 e di traffico. Il costo dell’incentivo al bike to work è di 93 milioni di Euro l’anno. In Belgio, però, ci sono anche importanti sussidi per l’uso privato dell’auto aziendale che ostacolano l’uso della bicicletta come mezzo preferito dai lavoratori. Il governo belga sta cercando una soluzione: l’introduzione di un budget mobilità sembra quella più credibile.
Lussemburgo
Il Lussemburgo ha introdotto una riforma fiscale che include anche incentivi per la bici tra casa-lavoro. Per i privati 300€ per l’acquisto di una bicicletta (anche elettrica) mentre le aziende possono acquistarne per i dipendenti sia per uso privato che per la mobilità casa-lavoro, esentasse per i cittadini. Inoltre la stessa riforma prevede tasse automobilistiche calcolate in base al tipo di carburante e alle emissioni di CO2. Tuttavia anche in Lussemburgo le auto aziendali per uso privato sono tassate meno rispetto alla bicicletta, aspetto che diminuisce l’impatto del bike to work.
Francia
In Francia il rimborso chilometrico è simile a quello belga ma con 200€ a persona di spesa annua massima. Il governo francese sta discutendo un decreto per ampliare i benefici anche agli enti pubblici. Il limite massimo frena la diffusione del bike to work e le associazioni francesi di ciclisti hanno chiesto di abolirlo e rendere gli incentivi obbligatori.
In Italia: gli esempi virtuosi
E l’Italia? Nel Bel Paese non c’è una politica nazionale sul bike to work. Ma qualcosa si muove: la Federazione Italiana Amici della Bicicletta (FIAB) nel 2017 ha lanciato Love to Ride Italia, una sfida nazionale a chi pedala più km in città. Dal 16 settembre al 27 novembre 2017 si sono sfidate 12.799 persone, 763 aziende e associazioni e 1.607 nuovi ciclisti che hanno percorso oltre 5.162.000 km, in totale. Inoltre alcune città si stanno muovendo verso la mobilità bike-friendly. Scopriamole insieme.
Le città che favoriscono il bike to work
Massarosa, in provincia di Lucca, è il primo comune italiano ad avviare incentivi per andare in bici al lavoro con il rimborso chilometrico. Attraverso un bando sono stati selezionati cinquanta lavoratori che beneficeranno di 25€cent/km per andare al lavoro in bicicletta, per un massimo di 50€ al mese. I partecipanti, perlopiù uomini, percorrono in media 5 km tra casa e lavoro e il tragitto è monitorato con una App. Il bike to work di Massarosa è un progetto pilota e vuole essere un modello per altri enti locali nella promozione della mobilità sostenibile.
Bari, come il comune toscano, segue il modello francese. Un rimborso di 25€cent/km accumulato in voucher. Il monitoraggio avverrà tramite un’App (già creata) con una comunità virtuale di ciclisti urbani e percorsi. La novità è rendere alcuni dati fruibili ai medici di famiglia per indagare gli stili di vita collegati all’uso della bici.
Stessa formula anche per Torino e Milano, che hanno pensato a un piano congiunto insieme ai mobility manager del Politecnico di Milano e delle principali aziende nazionali. Anche a Venaria, in Piemonte, è in programma un incentivo al bike to work oltre al car sharing elettrico per i lavoratori.
La mobilità sostenibile in Trentino
Ma esistono anche altri modi di incoraggiare la mobilità sostenibile. In Trentino, ad esempio, c’è il ciclo-concorso Trentino Pedala, alla terza edizione. Dal 18 marzo al 16 settembre 2018 i cittadini sono invitati a usare la bici per spostarsi, migliorando la riduzione di CO2, il traffico e la loro qualità della vita. È rivolto a comuni, aziende, associazioni, scuole e singoli cittadini. Ogni persona che percorre almeno 100 km nel periodo indicato partecipa a un’estrazione di premi. A questo si aggiunge la sezione In bici al lavoro, con sorteggio di premi riservato ai lavoratori.
Andare in bici al lavoro fa bene a noi e all’ambiente
L’Italia che pedala c’è ed è in crescita: nel 2017 il Prodotto Interno Bici è stato di 4,156 miliardi di Euro. E senza contare altri 2 miliardi del cicloturismo. Ma si può e si deve fare di più, come i comuni italiani pionieri del bike to work. D’altro canto la mobilità sostenibile è uno degli aspetti più efficaci per avere una città a misura d’uomo. Un esempio che stanno seguendo le città verdi d’Italia.
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