Combattere gli sprechi alimentari, la guerra della prossima decade
La vera piaga del nostro tempo? Sono gli sprechi alimentari! Ragionando su scala globale, i numeri oltre che far girare la testa fanno letteralmente rabbrividire. Basti pensare che ogni anno buttiamo circa 1,3 miliardi di tonnellate di cibo e oltre un terzo di tutto quello che coltiviamo.
Perché è importante evitare gli sprechi alimentari?
Secondo il New York Times sono almeno due le motivazioni; da una parte meno spreco significa soddisfare più bisogno alimentari. Dall’altra parte ridurre i rifiuti vuol dire anche ridurre in maniera sensibile le emissioni di gas serra nell’atmosfera.
Spreco in via di sviluppo
Lo spreco alimentare è una delle scale con cui possiamo misurare le disuguaglianze sociali. Nei paesi poveri, la maggior parte dello spreco alimentare avviene nelle aziende agricole. In Asia meridionale, ad esempio, oltre il 50% di tutto il cavolfiore che viene coltivato si perde perché non c’è un efficiente sistema di refrigerazione o i pomodori vengono raccolti e impacchettati in dei sacchi “morbidi” e quindi vengono schiacciati l’uno sull’altro divenendo poltiglia e ancora – e soltanto per fare degli altri esempi – nel sud est asiatico, la lattuga si rovina nel semplice nel viaggio tra le fattorie e i supermercati della città.
E nei paesi ricchi?
Come vi abbiamo raccontato tempo fa nei soli paesi dell’Unione Europea si sprecano ogni anno 143 miliardi di euro di cibo. In termini di peso, si parla di ben 88 milioni di tonnellate di alimenti i quali, invece di finire sulle nostre tavole, vengono direttamente cestinati. E non possiamo incolpare solo la grande distribuzione: al contrario, il soggetto che contribuisce maggiormente allo spreco alimentare è costituito dalle famiglie europee, le quali da sole cestinano 47 milioni di tonnellate. Di fatto nei rifiuti domestici finisce il 70% dello spreco alimentare di tutta l’Unione Europea.
Il record del Nord America
Nei paesi ricchi, specialmente negli Stati Uniti e in Canada, circa il 40% del cibo sprecato viene gettato dai consumatori. Questa percentuale fornita dalla FAO, è il risultato di diversi fattori. Prima di tutto compriamo troppo cibo e tendiamo a non finire quello che finisce nel nostro piatto e inoltre Paul A. Behrens, un assistente professore di scienze energetiche e ambientali presso l’Università di Leiden nei Paesi Bassi dice di aver trovato una correlazione tra sprechi alimentari e benessere economico: “Man mano che si ottiene un reddito sempre più elevato, si ottiene sempre più dissolutezza nei rifiuti alimentari”.
Dati Horror
Secondo i dati forniti dal Dipartimento di agricoltura degli Stati Uniti a cui spetta il compito – tra le altre cose – di registrare la perdita di cibo, sono i prodotti lattiero-caseari a rappresentare la fetta maggiore di cibo sprecato per un valore di circa 91 miliardi di dollari.
Inoltre i rifiuti e le perdite di cibo hanno un’impronta di carbonio enorme: 3,3 miliardi di tonnellate. E non è tutto, secondo un rapporto del 2014 della FAO ogni anno verrebbe sprecata una quantità di acqua equivalente a tre volte le dimensioni del Lago di Ginevra… un confronto che fa rabbrividire, soprattutto se pensiamo che tra qualche anno ci ritroveremo ad affrontare una crisi idrica senza eguali.
La punta dell’iceberg
“Gli sprechi alimentari sono una sorta di punta dell’iceberg”, ha dichiarato Jason Clay, vicepresidente senior responsabile della politica alimentare presso il World Wildlife Fund”. Ma da dove iniziare a combattere una guerra allo spreco?
Talvolta le soluzioni più funzionanti arrivano alla base: la costruzione di nuovi silos di cereali ha aiutato contro i funghi che rovinano le scorte di grano nei paesi africani. In India, la FAO sta incoraggiando gli agricoltori a raccogliere pomodori in casse di plastica anziché grossi sacchi per evitare la sovrapposizione e lo schiacciamento. Andando più in alto nella catena dell’approvvigionamento i supermercati stanno cercando di “educare” il compratore all’acquisto anche di prodotti rovinati ( o non belli) ma buoni da mangiare. Cpsa che prima non accadeva e venivano direttamente gettati.
Alcuni paesi stanno cercando di regolamentare i rifiuti alimentari
In Italia lo abbiamo visto è già legge, mentre la Francia richiede ai venditori al dettagliodi donare il cibo che rischia di venire buttato, ma che è ancora buono e inoltre i legislatori dell’Unione europea stanno spingendo per la costituzione di obiettivi vincolanti per ridurre gli sprechi alimentari del 50% entro il 2030, Alcuni paesi respingono l’idea di obiettivi continentali.
E se mangiassimo di meno?
Potrebbe essere una soluzione e non la soluzione. Un’iniziativa di questo tipo farebbe la differenza, ma non tanto quanto si potrebbe pensare. Il dott. Behrens dell’Università di Leida ha affrontato la questione in uno studio recente ed è arrivato alla conclusione che tagliare i rifiuti avrebbe alla fine lo stesso impatto del cambiamento di diete. Pensiamo però che se gli americani mangiassero secondo le linee guida dietetiche raccomandate a livello nazionale colmerebbero un discreto gap verso la riduzione della propria impronta di emissioni. Cambiare le abitudini alimentari è difficile, però e quindi meglio puntare sull’educazione… o almeno provarci.
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