Ecco come le lobby del gas influenzano le politiche energetiche europee
Ci domandiamo spesso perché il nostro Paese, pur dichiarando di impegnarsi nella lotta contro il cambiamento climatico, non decide una volta per tutte di abbandonare i combustibili fossili mettendo in campo una solida strategia in grado di convertire l’intero comparto energetico nazionale. Ma il problema non è limitato all’Italia: anche a livello internazionale si continuano a fare promesse, ma i risultati, come sappiamo, sono in ogni caso insufficienti. Di chi è la colpa di questo immobilismo? Tante volte si dice che le istituzioni sono influenzate da gruppi di pressione, ma si parla così, senza dati alla mano, accusando una generica ‘lobby’ che però non si sa bene definire. Oggi, invece, grazie ad uno studio di Corporate Europe Observatory (CEO), una Ong con sede a Bruxelles, abbiamo la conferma che sì, buona parte del nostro ritardo è dovuto proprio all’attività di lobbying di una certa fetta dell’industria energetica. In questo caso specifico, la Ong ha indagato i movimenti delle lobby del gas nel confronto della Commissione Europea.
Altri cinquant’anni di combustibili fossili
Partiamo subito definendo la portata del problema: l’attività delle lobby del gas potrebbero incatenare l’intera Europa ai combustibili fossili per i prossimi 40 e 50 anni. Sebbene tutto il mondo scientifico (pardon, il 97% degli scienziati) sia fermamente convinto che il cambiamento climatico sia un fenomeno imminente con il quale non è il caso di scherzare, nonostante gli impegni presi alla Cop21 di Parigi, e a prescindere dagli sforzi che effettivamente molte istituzioni, associazioni e aziende stanno facendo per una trasformazione sostenibile della nostra società, tutto potrebbe rivelarsi inutile. E la colpa, per l’appunto, sarebbe in buona parte da riconoscere a gruppi di pressione come le lobby del gas, che possono contare su risorse pressoché illimitate per far valere il proprio pensiero.
Gli investimenti delle lobby del gas
Nel solo 2016, le lobby del gas hanno investito più di 100 milioni per proteggere i propri interessi e aumentare il consenso intorno a questa risorsa combustibile. E questa si configura ovviamente come una battaglia impari fin dall’inizio, in quanto i gruppi che si muovono contro le lobby del gas possono contare appena su un 3% di quella enorme cifra. Grazie a queste enormi risorse e grazie ai continui contatti con le istituzioni europee, alla fin fine questi gruppi industriali sono riusciti a far passare il gas come un combustibile ‘pulito’, che può essere sviluppato in parallelo alle altre energie rinnovabili. Per arrivare a questo risultato è stata fatta una poderosa campagna di marketing e di comunicazione, utilizzando una moltitudine di canali e di strategie diverse, e sì, in buona parte ha funzionato. In molti, adesso, pensano che il gas naturale sia realmente una fonte pulita, senza nemmeno immaginare che in realtà si tratta di metano, ovvero di un gas serra che può essere centinaia di volte peggiore della già dannosa anidride carbonica.
Un fitto calendario di incontri con le istituzioni europee
É per questo che, di fronte alla sostenibilità e alla convenienza di sistemi energetici basati sul fotovoltaico, sull’eolico, sull’energia delle onde e sull’efficienza energetica, le istituzioni continuano a finanziare i combustibili fossili. Nello studio si parla di oltre 1000 gruppi di interesse che sono ogni giorno al lavoro per influenzare le scelte e quindi le politiche e i finanziamenti delle istituzioni europee. E se come detto nel 2016 le lobby del gas hanno investito in totale circa 100 milioni di euro per portare dalla propria parte le istituzioni dell’Unione, va sottolineato che la potenza di fuoco dei singoli attori è esorbitante. I soli Exxon Mobil e Shell, due giganti dell’industria dei combustibili fossili a livello mondiale, hanno investito quasi 5 milioni di euro in azioni di lobbyng. E non si parla solamente di soldi, no, si parla anche di tempo e di incontri frequentissimi con chi tiene in mano le redini dell’Unione Europea. Sono stati infatti 460 gli incontri tra il commissario europeo per il Clima e l’Ambiente Cañete e il vicepresidente della Commissione europea e Commissario europeo per l’unione energetica Maroš Šefčovič e gli esponenti delle lobby del gas, all’interno di una relazione duratura e pressante.
Un consigliere interessato
É cosi le orecchie di chi in Europa si occupa di energia e di ambiente non sono sempre puntate verso chi vuole difendere l’ambiente e salvaguardare il nostro pianeta dal cambiamento climatico. No, sono spesso invece occupate da chi per il proprio puro ed egoistico interesse vuole promuovere i combustibili fossili. È ovvio pensare che, in materia di finanziamenti energetici, la Commissione europea dovrebbe farsi consigliare da esperti super partes. Le cose non stanno però così e, per esempio, una parte delle scelte internazionali nel nostro continente sono manovrate dal gruppo Entso-g, costituito dalla legislazione comunitaria e formato dalle società che gestiscono gasdotti in Europa. Ed è ovviamente questo il gruppo che propone di volta in volta dei progetti di nuove infrastrutture per il gas, i quali vengono prima recepiti e poi deliberati dalla Commissione come ‘Progetti di interesse comune‘, papali di miliardi di euro di finanziamenti pubblici. Ma come si può parlare, a questo punto, di ‘interesse comune’ dei cittadini europei per il gas naturale?
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