Agricoltura 4.0… il lavoro di BOttega
Si legge Bio, ma si scrive B.O. e si tratta di uno dei primi esempi di agricoltura 4.0 presenti sul suolo nazionale (ha aperto le sue porte a Roma lo scorso 16 dicembre) che si distingue dalla produzione Bio non per una differente qualità, ma per le diverse scelte produttive adottate e per il rapporto che si instaura con i potenziali clienti.
Che cosa si intende per agricoltura 4.0?
In un pezzo dello scorso settembre vi ponevamo davanti a una serie di problematiche oramai abbastanza comuni con cui gli agricoltori devono oggigiorno confrontarsi. Grazie alla tecnologia si può però fare molto per affrontare questi problemi, in modo particolare sostituendosi all’uomo in alcune mansioni. Si parla in questo caso di agricoltura 4.0, che sfrutta delle tecnologie innovative e lo fa a beneficio delle coltivazioni e della salvaguardia dei raccolti.
Il progetto B.O.
La storia che vi proponiamo oggi è un altro chiaro esempio di agricoltura 4.0: l’idea, nata da un imprenditore romano, è quella di recuperare la tradizione dell’agricoltura ‘antica’ (senza pesticidi, ad esempio) e di coniugarla con la richiesta di informazioni sui prodotti, sempre più presente nella clientela e con prezzi ‘abbordabili’. Così, grazie a un gruppo eterogeneo di lavoratori nasce la prima fattoria ‘tracciata‘ alla quale si possono ordinare i prodotti desiderati e vedere poi tutte le fasi della produzione fino all’arrivo in tavola grazie a 24 telecamere ‘fisse’ a seguire tutte le diverse fasi della lavorazione. Praticamente un Grande Fratello dell’agricoltura!
Casa, B.O. ttega e agricoltura 4.0
Per ora il canale di vendita è la prima ‘BOttega’ che ha aperto i battenti a Roma lo scorso 16 dicembre (nella zona nord della capitale, all’Olgiata – qualche chilometro fuori dal GRA). Ma l’idea – spiega all’Ansa Massimo Pasquali, che è stato anche uno degli autori delle prime edizioni del Grande Fratello – è quella di rafforzare il brand fino a farne un vero e proprio circuito distributivo: “Speriamo molto nel fatto che ‘B.O. agricoltura antica’ possa diventare un marchio perché può portare grandi benefici al consumatore e alla natura. Tutto è visivamente tracciabile“. “Abbiamo investito nell’agricoltura – spiega Pasquali – perché abbiamo capito cosa finisce nelle nostre tavole e abbiamo sentito l’esigenza di dare prodotti semplici, con la trasformazione ridotta all’essenziale. L’Italia è il primo paese in Europa, o uno dei primi, ad utilizzare prodotti chimici (Fonte Ispra: 130.000 tonnellate l’anno). La nostra invece è un’agricoltura antica per cui i soldi che andrebbero destinati a pesticidi li impieghiamo nelle ore di lavoro manuali. Cerchiamo di lavorare la terra come facevano i nostri avi, ma con le tecnologie, non invasive, moderne”. Ma il problema ammette che è anche trovare della forza lavoro disposta a… faticare: “Molti amano la terra ma la fatica è tanta”.
Alti investimenti per alta resa?
L’investimento è alto così come la ‘scommessa’: “l’investimento solo per la parte tecnologia, tra azienda e BOttega – spiega Pasquali – è stato molto alto, tra pannelli, geotermia, vasche di riciclo d’acqua, telecamere, demotica e altro, abbiamo superato abbondantemente i 300.000 euro, ma abbiamo cercato di fare le cose al massimo“. E i primi risultati, anche in termini di occupati, arrivano: “le persone impegnate nel progetto sono 4 più i part-time che al momento sono altri 4. Servono innanzitutto persone che abbiano davvero voglia di lavorare, i nostri antenati dicevano la terra è bassa e porta fatica” ma l’idea ora, con la BO-agricoltura, è che porti anche profitti e lavoro.
Questa tipologia di approccio alla terra è in effetti del tutto nuova. Ma prima d’ora avevamo avuto la possibilità di vedere coniugato il lavoro della terra “vecchio stile” con l’innesto di nuove tecnologie. Dal vecchio sudore e fatica siamo di fatto passati al nuovo: sudore, fatica e droni. E la ricetta ad oggi non ci sembra poi così campata in aria.
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