Firmata la Strategia energetica nazionale: l’ambiente va a braccetto con la competitività
Non se n’è parlato molto, eppure qualche giorno fa è stato siglata, firmata e adottata una strategia che potrebbe cambiare il volto della produzione energetica e dello sfruttamento dell’energia nel nostro Paese. Il consiglio dei ministri ha infatti fatto propria la tanto attesa Strategia energetica nazionale, la quale pone degli obiettivi estremamente ambiziosi, sul lato ambientale, per i prossimi anni. Uno su tutti, giusto per far capire di cosa stiamo parlando: entro il 2025 l’Italia dovrà eliminare totalmente l’utilizzo del carbone come combustibile per generare energia elettrica. Parliamo certo di decisioni che erano nell’aria, ampiamente previste – o meglio, desiderate – nonché imposte dagli Accordi di Parigi. Ma fa un certo effetto vederle tutte insieme raccolte nella Strategia energetica nazionale, anche perché tutte queste misure ambientali, finalizzate a frenare il cambiamento climatico, non sono presentate in un documento qualsiasi. No: come ha voluto sottolineare il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, «per la prima volta la parte ambientale entra in un documento che per storia era solo economico». Ed è proprio questo il dato più importante, al di là degli impegni concreti presi dal governo italiano: «per la prima volta l’ambiente è diventato un driver dello sviluppo» ha dichiarato orgoglioso Galletti.
Sostenibilità e competitività
La transizione sembra dunque essere finita, e le tematiche ambientali sono finalmente uscite dagli opuscoli delle sole organizzazioni ecologiste per diventare qualcosa in più. Con questa Strategia energetica nazionale, come ha spiegato Galletti, il Ministero dell’ambiente non è più il ‘ministero del No’, bensì quello dello sviluppo e della crescita. È dello stesso parere il primo ministro Paolo Gentiloni, il quale ha spiegato che
L’obiettivo è avere una strategia che da una parte faccia sì che il nostro sistema produttivo sia più sostenibile sul piano ambientale e dall’altra più competitivo. Questi due aspetti si sono intrecciati; una volta erano sembrati in contraddizione e diversi, oggi è evidente che c’è una coincidenza: lavorare per la sostenibilità non è solo un impegno per le prossime generazioni, ma lo facciamo anche pensando alla competitività del nostro sistema, e qui l’Italia ha tante carte da giocare, abbiamo tanti asset nelle nostre mani.
Gli investimenti della Strategia energetica nazionale
La Strategia energetica nazionale punta dunque alla sostenibilità ambientale, ad un futuro più pulito, ma anche ad una maggiore competitività del nostro Paese. Per farlo saranno messi in campo in totale 175 miliardi di euro, sotto forma di investimenti in infrastrutture, reti, fonti rinnovabili e sistemi per l’efficienza energetica da realizzare entro il 2030. Nello specifico, la Strategia energetica nazionale si presenta come un decreto interministeriale del Ministero dell’Ambiente e del Mise e, in attesa della definizione concreta di una cabina di regia per mettere in opera gli investimenti, prevede già una spartizione precisa degli investimenti. 110 miliardi di euro andranno all’efficienza energetica, 35 miliardi saranno destinati alle fonti rinnovabili e altri 30 miliardi confluiranno nella realizzazione di reti ed infrastrutture. Tutti questi soldi aiuteranno ovviamente a rendere il nostro Paese più sostenibile, ma anche a renderlo più competitivo e più sicuro.
Carbone addio
Ma quali sono dunque gli obiettivi specifici che si vogliono raggiungere con la definizione di questa Strategia Energetica Nazionale? Come detto, la punta di diamante della Sen 2017 è quella di chiudere gli ultimi impianti termoelettrici rimasti attivi sul territorio nazionale entro il 2025 – con parecchio anticipo rispetto a quanto avevano pianificato in precedenza gli ultimi operatori che utilizzano tutt’oggi questo combustibile, ovvero Enel, Eph e A2a. Come ha voluto sottolineare il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, la decarbonizzazione sarà possibile se ci sarà « il convincimento degli enti locali a chiudere il piano infrastrutturale che è parte integrante di questa decisione» in quanto «quando un comune o una regione fanno ricorso contro un gasdotto si mette a rischio non solo l’opera ma l’obiettivo di decarbonizzare della produzione elettrica entro 2025».
Ridurre le emissioni e la dipendenza energetica dall’estero
L’obiettivo finale, da raggiungere entro la metà del secolo, è quello di arrivare ad una diminuzione del 63% delle emissioni nocive rispetto al 1990 – con uno step intermedio del 39% da centrare già entro il 2030. Si punta dunque tutto verso le energie rinnovabili, ma non si vuole sostituire completamente le fonti inquinanti con quelle a zero emissioni: no, perché un altro obiettivo a breve termine – entro il 2030 – è anche quello di ridurre i consumi finali elettrici di 10 Mtep. Partendo da questo presupposto, in ogni caso, entro la fine del prossimo decennio la quota di rinnovabili sui consumi complessivi dovrà passare dal 17,5% attuale al 28%, soprattutto per quanto concerne l’elettricità: se oggi in Italia solo il 35% dell’energia elettrica viene generata da fonti green, entro il 2030 si dovrà passare al 55%. Ecologicamente parlando, sarebbe un grandissimo passo in avanti, che supererebbe gli obiettivi fissati in precedenza dall’Unione Europea. E se si vuole guardare anche all’esterno, va specificato che la Strategia energetica nazionale prevede anche di diminuire la nostra dipendenza energetica: se attualmente siamo intorno ad una quota del 76%, entro il 2030 si punta ad arrivare al 64%. Di certo, per arrivare ai risultati previsti, sarà necessaria anche una rivoluzione della mobilità. Come ha sottolineato Galletti, «le macchine elettriche previste al 2030 sono quasi 5 milioni».
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