Buone pratiche di economia circolare: le multinazionali ci credono davvero?
Sarà che i cambiamenti climatici, o meglio le loro conseguenze, sono purtroppo sempre più evidenti in ogni parte del mondo. O che di disastri ambientali e di tutte le soluzioni che possono essere messe in atto per evitarli così come anche di consumi energetici ed efficienza si parla ormai diffusamente. Fatto sta che tutte le tematiche che hanno a che vedere con la sostenibilità ambientale stanno diventando care ai più. Rispetto a qualche anno fa la coscienza ecologica è decisamente aumentata e si traduce soprattutto in una maggiore attenzione del consumatore verso tutti quei prodotti che rispettano l’ambiente, o che dichiarano di farlo, e che sono il frutto di buone pratiche di economica circolare.
Multinazionali sempre più green. Perché?
Davanti alla crescita di questa ‘massa critica’ è chiaro che l’industria non può far altro che adeguarsi, offrendo al cliente ciò che vuole. Questo è sicuramente il punto di vista più pessimista, che parte dall’idea che le multinazionali si stanno orientando verso buone pratiche di economia circolare per non perdere quote di mercato e la fiducia della propria clientela. Poi c’è il punto di vista ottimista, secondo cui le grandi aziende, consapevoli del loro ruolo determinante in questa ‘partita a difesa dell’ambiente’, stanno decidendo di essere più responsabili e di impegnarsi per far sì che un reale cambiamento in un’ottica di sostenibilità possa essere possibile.
Come l’economia circolare può diventare un business
Il risultato ad ogni modo è incoraggiante. E ci parla di una precisa direzione che le multinazionali stanno prendendo, quella delle buone pratiche di economia circolare. Ma cosa significa orientare il business verso un modello di economia circolare?
L’idea di un’economia circolare nasce qualche anno fa come alternativa all’economia circolare, un modello nato all’alba della Rivoluzione industriale tra Settecento e Ottocento, e tutt’ora predominante, ispirato allo schema ‘produci, consuma e dismetti’. Un sistema che sta inesorabilmente entrando in crisi, viste le conseguenze sia sul piano ambientale sia su quello sociale. Da qui, l’esigenza di invertire la rotta con un modello che contrappone allo spreco una visione incentrata sulla trasformazione e sul riuso.
Riciclo e riuso al centro
L’economia circolare chiede una ridefinizione del sistema industriale che dovrebbe abbandonare il concetto di fine vita del prodotto per adottare pratiche di riciclo e riuso, valorizzando ogni elemento in circolo chiuso ed efficiente. Le aziende che sviluppano pratiche di economia circolare usano fonti rinnovabili, riutilizzano gli scarti di produzione e conoscono nel dettaglio l’intera filiera, perché l’innovazione è anche di processo.
Un business potenziale di 4,5 mld di dollari
Questa evoluzione è appena iniziata e le multinazionali stanno ancora vagliando tutte le possibilità che hanno a disposizione. Ma quello che è certo è che hanno iniziato a comprendere che la sostenibilità e l’adozione di buone pratiche di economia circolare non è qualcosa che ha a che vedere con la pura ideologia ma è possibile farne un business redditizio.
A confermarlo sono anche i dati Accenture, secondo cui dall’economia circolare può derivare un business potenziale di 4,5 miliardi di dollari al 2030. E c’è chi si sta già muovendo decisamente in questa direzione.
Qualche esempio da seguire
E’ il caso, ad esempio, di Rubicon Global, un’azienda statunitense che opera nel settore dello smaltimento di rifiuti. Ribattezzata la “Uber dei rifiuti”, la start-up offre ai suoi clienti dei servizi, basati su tecniche di cloud computing, e soluzioni per risparmiare attraverso una migliore gestione dei rifiuti, così come fornisce idee su come riciclare meglio gli scarti.
Ben più popolare è la Nike che sta gradualmente evolvendo verso l’adozione di buone pratiche di economia circolare, puntando soprattutto sul riuso dei materiali. L’obiettivo dell’azienda è quello di eliminare del tutto gli scarti nella produzione entro il 2020. E attualmente sembra sia già a buon punto, se consideriamo che il 70% delle calzature e dei capi di abbigliamento sono realizzati a partire da una percentuale di materiali riciclati. Ne è un esempio la nuova tecnologia Nike Flyleather, lanciata qualche mese fa, e che è realizzata utilizzando il 50% di pelle riciclata.
‘The Circulars’, il premio che incentiva le buone pratiche di economia circolare
Ma gli esempi sono fortunatamente tanti, molti dei quali passano attraverso dei veri e propri incubatori. Come ad esempio il premio “The Circulars“, organizzato dal World Economic Forum (WEF), in collaborazione con Accenture Strategy e gli Young Global Leaders (YGL). L’obiettivo del programma, a cui possono partecipare multinazionali, organizzazioni e start-up, in sezioni dedicate, è quello di accrescere la consapevolezza e le potenzialità dei modelli di business basati sulla circular economy che creano valore ottimizzando l’uso delle risorse.
I vincitori degli ultimi anni
‘The Circulars’ premia ogni anno, nel corso dell’assemblea del Forum Economico Mondiale di Davos, le aziende che si sono distinte per la sostenibilità. L’edizione 2017 ha visto protagonista Dell, la nota società produttrice di hardware, mentre nel 2016 il premio è andato a Veolia, azienda pubblica francese specializzata nella distribuzione idrica e nello smaltimento dei rifiuti che, pur essendo già particolarmente attenta al rispetto dell’ambiente, ha scelto di convertirsi in modo deciso all’economia circolare da circa 3 anni.
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