Da gennaio 2018 nei supermercati solo sacchetti biodegradabili
Da gennaio 2018 non troveremo più quei classici sacchettini trasparenti e sottili che srotoliamo nei reparti ortofrutta. Una grande novità: quelli del nuovo anno saranno unicamente sacchetti biodegradabili, ma a pagamento.
Il nuovo decreto legislativo attua la direttiva UE 2015/720 che si è posta come obiettivo la riduzione delle buste di plastica nel campo alimentare: i nuovi sacchetti per portarci a casa frutta, pesce, pane, carne etc. dovranno per legge essere compostabili e “biobased”. Ovvero? Nella composizione chimica è prevista una percentuale di carbonio che aumenterà gradualmente negli anni: si parte con il 40% il prossimo anno per poi aumentare al 50% nel 2020 e giungere a quota e 60% nel 2021. Non una soluzione statica quindi, ma un progetto di miglioramento.
Queste nuove ”bioshopper” verranno realizzate nel rispetto dello standard internazionale UNI EN 13432 e dovranno ottenere una certificazione da parte di enti accreditati e l’idoneità alimentare certificata.
Il prezzo dei sacchetti biodegradabili
Quando i media hanno annunciato l’abolizione dei sacchettini “gratis” per frutta e verdura si è ovviamente sollevato il classico polverone. Si è parlato di 10 centesimi a borsa, uguale a quello delle buste più spesse che si acquistano alle casse, si sono poi ipotizzati 2 centesimi viste le effettive dimensioni.
In realtà il prezzo di una singola borsetta ultraleggera non è ancora definito. La cosa sicura è che la nostra spesa, acquistando diversi tipi di alimenti sfusi, non costerà più di 10 centesimi rispetto a quella del 2017.
Per l’ambiente disposti a pagare di più
Nonostante il primo impatto con il cambiamento, la ricerca Ipsos Public Affairs ha rivelato che la maggior parte degli italiani, addirittura il 71%, sono ben disposti a pagare qualche centesimo per acquistare sacchetti biodegradabili amici dell’ambiente. Probabilmente questa tendenza è dovuta alla sempre maggior consapevolezza delle persone verso le tematiche dell’inquinamento globale e l’insofferenza a materie morte in partenza come la plastica.
Non tutti ovviamente hanno la stessa sensibilità e nei punti vendita sono quindi previsti materiali informativi per cambiare la percezione di molte persone che vedono la plastica come un materiale poco costoso. Lo spessore degli attuali sacchetti per l’ortofrutta, inferiore ai 15 micron, è percepito infatti come poco dannoso per l’ambiente.
Il costo per il consumatore sarà irrisorio ma decisamente elevato per gli esercizi che non adotteranno i nuovi sacchettini biodegradabili: sono previste multe che si aggirano attorno ai 10.000 euro per i trasgressori. Ciò dovrebbe essere un valido deterrente per far applicare regole salva ambiente che, lo sappiamo, giovano a tutti.
Un precedente importante
I sacchetti di plastica non biodegradabile sono stati aboliti già da qualche anno nel tentativo di eliminare le buste in polietilene, spesse e incredibilmente lente nel processo di decomposizione. Con un costo iniziale di 10-15 centesimi le nuove shopping bag ecologiche non erano sicuramente le benvenute, ma gli anni sono passati e ora trovarci tra le mani le vecchie spesse buste in plastica ci fa quasi un po’ impressione.
Il costo elevato doveva scoraggiare l’abuso di buste monouso. L’obiettivo è stato centrato: oggi molti preferiscono acquistare sacchetti in cotone, magari personalizzati, e riutilizzarli ogni volta.
Quali sono le alternative?
Per sostituire i sacchetti biodegradabili venduti alle casse dei supermercati sono state proposte al consumatore le logiche shopping bag in cotone.
Facendo pagare i sacchettini ultraleggeri del reparto ortofrutta, si riuscirà a diminuirne l’uso? Vedremo, ma sicuramente il beneficio principale rimarrà quello, importantissimo, del minor impatto ambientale.
E se qualcuno non volesse proprio acquistarli? Alcune alternative non sono mai scomparse davvero, come ad esempio le buste di carta o le retine riutilizzabili che qualcuno usa ancora dal fruttivendolo.
Un esempio ancora diverso è stato proposto dal marchio tedesco Rewe che che abolirà la plastica per alcuni frutti con la scorza dura utilizzando la tecnica del “Natural Branding”, ovvero la marchiatura laser direttamente sulla buccia.
Insomma, le alternative ci sono e sono tutte valide opportunità per le imprese che possono così sbizzarrirsi per ideare nuovi prodotti ecologici e riutilizzabili per l’acquisto della nostra frutta e verdura.
Ti è piaciuto l'articolo?
Condividilo